LA FOBIA SOCIALE (Part 2)

Salve a tutti,

come anticipato nel mio precedente video, oggi vi parlerò ancora della Fobia Sociale ed in particolare dei sintomi e delle possibili cause.

Circa il 13% della popolazione generale ha un episodio di Fobia Sociale nella propria vita. Gli uomini hanno più probabilità delle donne di sviluppare una forma severa di ansia sociale o un disturbo di personalità evitante.

I sintomi della Fobia Sociale sperimentati sono quelli dell’ansia e soprattutto della vergogna: aumento del battito cardiaco, rossore del volto, eccessiva sudorazione, secchezza delle fauci, difficoltà a deglutire, contrazioni muscolari, tremori, malessere gastrointestinale.

In particolare i soggetti con fobia sociale provano un’ansia anticipatoria elevata nel caso ci sia un evento temuto imminente o forte ansia e disagio nel caso che dalla situazione sia impossibile sottrarsi.

Rispetto alle possibili cause del disturbo è bene fare alcune premesse.

  1. Alcune persone sono timide per temperamento e mostrano propensione alla vergogna molto precocemente da bambini, mentre altre possono vivere le prime esperienze di ansia sociale durante la pubertà.
  2. Spesso i contesti nei quali si vivono le prime esperienze di ansia sociale sono la scuola e altri contesti aggregativi strutturati (ambiente sportivo, oratorio, ecc.) o più informali (gruppo di pari, comitive, ecc.), contesti nei quali ci si sente sottoposti alla valutazione degli adulti significativi e/o dei pari.

Quindi può innescarsi un timore più ampio di varie situazioni sociali e un evitamento progressivo delle situazioni temute, a partire dal proprio temperamento, dagli episodi di ansia, dalle “figuracce” vissute, che possono portare poi allo sviluppo di una più strutturata e più o meno generalizzata fobia sociale.

Le cause che portano all’insorgenza di un disturbo d’ ansia sociale possono definirsi multifattoriali. Secondo la letteratura scientifica, alla base dell’eziopatogenesi della fobia sociale vi è una combinazione di fattori che possono costituire fattori di rischio e protettivi riguardo l’insorgenza e il mantenimento della patologia:

  • genetico-biologico = una tendenza ad avere più facilmente reazioni ansiose, collegata ad una maggiore reattività del sistema limbico, un insieme di strutture nervose deputate alla regolazione emotiva.
  • esperienziali-psicologici = riguardano il vissuto soggettivo di ciascuno e specifiche modalità di regolazione emotiva e di relazione con il mondo e con gli altri che apprendiamo fin dall’infanzia nel nostro contesto di vita.

Tra i fattori di rischio che possono facilitare l’insorgere del disturbo d’ ansia sociale vi sono: storia familiare (se un genitore o un fratello ha disturbo d’ ansia sociale); tratto di personalità di marcata timidezza; esperienze negative di bullismo, derisione, umiliazione, rifiuto sociale, criticismo e anche abuso sessuale.

Per oggi mi fermo qui ma penso che vi parlerò ancora della Fobia Sociale nel mio prossimo video perché c’è un aspetto importante su cui spesso le persone si interrogano ovvero: qual è la differenza tra timidezza, introversione e Fobia Sociale? Come si capisce se si è semplicemente timidi o se si ha un disturbo d’ansia sociale? Lo scopriremo insieme la prossima settimana e nel frattempo…..restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

MUTISMO SELETTIVO (Part 2)

Salve a tutti,

dopo una breve interruzione torniamo a parlare dei disturbi d’ansia e in particolare del Mutismo Selettivo, della sua diffusione e dei fattori che contribuiscono alla sua manifestazione.

Il Mutismo Selettivo è un disturbo relativamente raro: il tasso di prevalenza nei bambini oscilla tra lo 0,2% e lo 0,8% anche se negli ultimi anni la percentuale sembra in aumento. Il disturbo si presenta in prevalenza nel sesso femminile con un rapporto femmine-maschi di 2:1.

Le cause responsabili del Mutismo Selettivo sono ad oggi poco chiare, di conseguenza le spiegazioni presenti in letteratura sono varie e ampiamente diversificate. Diversi modelli psicologici hanno cercato di rintracciare le cause del disturbo. L’ipotesi più accreditata è che il disturbo sia una condizione eterogenea determinata da diversi fattori, in primis fattori genetici e ambientali.

Ad oggi i fattori di rischio che più di altri possono giocare un ruolo nella comparsa del mutismo selettivo sembrano essere:

  • fattori temperamentali e ambientali nei genitori come affettività negativa, inibizione comportamentale, timidezza, isolamento e ansia sociale;
  • fattori legati al linguaggio come lievi o pregressi disturbi del linguaggio;
  • fattori fisiologici e genetici come l’ereditarietà con i disturbi d’ansia.

Secondo il modello bio-psico-sociale, l’evidenza di tratti temperamentali costanti nei bambini con Mutismo Selettivo e la presenza di tratti simili nei genitori porta ad ipotizzare un ruolo dei fattori neurobiologici e genetico-familiari all’origine del disturbo. Accanto all’ipotesi neurobiologica risulta di fondamentale importanza il ruolo dei fattori psicologici e sociali, tuttavia contrariamente a quanto si potrebbe pensare ricerche recenti non supportano l’idea secondo la quale esperienze traumatiche vissute dai bambini siano da considerarsi potenziale causa d’insorgenza del disturbo.

Il modello psicologico ad oggi maggiormente diffuso è quello cognitivo-comportamentale che vede il disturbo come il risultato di esperienze di apprendimento rinforzate negativamente: il silenzio è utilizzato come strumento per controllare e gestire l’ansia.

Con queste informazioni concludo la descrizione del Mutismo Selettivo. Ci rivediamo presto con un nuovo video su un altro disturbo d’ansia.…..restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

INCONTRO DIVULGATIVO SUI PAC: IL CONCETTO DI MULTIFATTORIALITA’

Ciao a tutti,

di recente ho tenuto degli incontri online con genitori e insegnanti sui PAC (problemi di aggressività e condotta). In un mio precedente post vi ho parlato della differenza tra rabbia e aggressività e oggi vorrei introdurre il concetto di multifattorialità.

Mi capita spesso, entrando in contatto con genitori di bambini/ragazzi che manifestano problemi psicologici, di notare una certa resistenza a chiedere aiuto se non addirittura un evitamento totale ad affrontare il problema. Quando però riesco ad instaurare un rapporto di fiducia ed alleanza, riesco a comprendere i motivi che stanno alla base di questi comportamenti. Mi rendo conto che questi genitori provano una serie di emozioni spiacevoli come ansia, preoccupazione, angoscia etc. ma anche un grandissimo senso di colpa.

Eh sì! Perché vuoi o non vuoi un genitore si sente sempre responsabile per il proprio figlio e per la sua salute, anche quella mentale. E così il senso di colpa spesso si accompagna a pensieri del tipo: “Sono un cattivo genitore, sono inadeguato, ho sbagliato tutto, sono troppo…. o sono troppo poco…., se mio figlio ha dei problemi e tutta colpa mia!”

È comprensibile che con queste idee e queste emozioni in gioco un genitore possa mettere in atto comportamenti controproducenti come l’evitamento o il rifiuto ad accettare ed affrontare il problema.

Il fatto è che le cose non stanno proprio così, solo che i genitori non lo sanno. Il problema nasce dal fatto che spesso i genitori non conoscono il concetto di multifattorialità ma niente paura perché colgo questa occasione per spiegarlo.

Fare diagnosi di psicopatologia in età evolutiva non è cosa facile perché i fattori che concorrono al suo sviluppo sono molteplici: fattori individuali, trasformazioni maturative, caratteristiche familiari, fattori sociali e fattori culturali. Tutti questi fattori si possono dividere in due tipi: i fattori protettivi (eventi favorevoli nella vita di una persona) e fattori di rischio (eventi sfavorevoli nella vita di una persona). È l’interazione tra questi due tipi di fattori che determina l’eventuale sviluppo di una psicopatologia e la sua manifestazione. Più fattori di rischio sono presenti e predominanti più aumenta il rischio di una psicopatologia.

Ciò significa che non è mai un unico fattore a determinare lo sviluppo di un disturbo con un nesso di causa effetto ma si tratta sempre della combinazione di più fattori di rischio.

Tornando quindi al mio discorso sui genitori, provo a fare un esempio. Lo stile educativo genitoriale può diventare un fattore di rischio. Per esempio genitori troppo permissivi o iperprotettivi o incoerenti, rifiutanti o coercitivi possono concorrere allo sviluppo di un problema di aggressività e condotta nel bambino/ragazzo ma non come unico fattore. Serve che oltre a questo fattore di rischio che riguarda lo stile educativo genitoriale si sommino anche altri fattori, individuali o ambientali. Se questo invece fosse l’unico fattore di rischio presente non si manifesterebbe il problema perché in questo caso i fattori protettivi sarebbero in numero maggiore e concorrerebbero a sanare la situazione.

Se sono riuscita a spiegare il concetto di multifattorialità i genitori a questo punto dovrebbero sentirsi un po’ più sollevati perché dovrebbe risultare chiaro che sebbene il loro contributo sia importante tuttavia non è determinante nello sviluppo di una psicopatologia nel figlio. Spero che questa consapevolezza possa alleggerire il senso di responsabilità e far sì che si possa accettare ed affrontare meglio una diagnosi di psicopatologia in età evolutiva. Di sicuro ignorare o rifiutare il problema non lo risolve anzi può aggravare molto la situazione se passa molto tempo prima di un reale intervento. Mi auguro questa piccola informazione che ho dato oggi possa aiutare.

A presto con un nuovo articolo e mi raccomando…RESTATE CONNESSI!

Dr.ssa Pinton Michela