DAL LIBRO CUORE: IL MODELING NELLA SCUOLA DI ALLORA E IN QUELLA DI OGGI.

Ciao a tutti, continuo la rassegna di post di riflessione e confronto tra la scuola di fine ‘800 e quella di oggi, prendendo spunto dal libro “Cuore” di E. De Amicis. Nel mio precedente articolo avevo promesso che avremmo parlato di modeling.

Cosa si intende col termine modeling? Albert Bandura, noto psicologo, evidenziò come l’apprendimento potesse avvenire attraverso esperienze indirette, sviluppate attraverso l’osservazione di altre persone. Bandura ha adoperato il termine modeling (imitazione) per identificare un processo di apprendimento che si attiva quando il comportamento di un individuo che osserva si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo che ha la funzione di modello. Quindi il comportamento è il risultato di un processo di acquisizione delle informazioni provenienti da altri individui.

Nel libro Cuore quasi in ogni paragrafo un personaggio funge da modello di comportamento per gli altri personaggi presenti nella storia, partendo dagli adulti, come i maestri e i genitori, fino ad alcuni bambini che compiono qualche azione speciale. Inoltre ci sono una serie di racconti, dal “piccolo scrivano fiorentino” alla “vedetta lombarda” che hanno proprio la funzione di offrire dei modelli educativi da imitare.

In questo libro, il racconto delle storie e delle vicende di personaggi esemplari è lo strumento principe per educare i nuovi italiani. E. De Amicis scrive il libro Cuore per divulgare valori e modelli e questo libro viene adottato nella didattica scolastica per decenni con l’intento di promuovere sia negli adulti, che dovevano fare da esempio, che nei bambini e ragazzi che dovevano apprendere, stili di comportamento civili e adeguati ai vari contesti di vita.

Nella mia esperienza di scolara le cose sono andate proprio così ma il modeling non si limitava al contesto scolastico. Non solo genitori e insegnati erano adulti autorizzati ad educarmi ma ogni adulto che incontravo era un potenziale modello di comportamento da cui apprendere, dai vari membri della famiglia, agli allenatori sportivi, ai genitori dei miei amici, ai vicini di casa. Insomma la società per intero, esclusi ovviamente gli esempi diseducativi, assumeva su di sé il compito di educare le nuove generazioni.

Oggi è ancora così? Noi adulti ci sentiamo investiti di questo compito o abbiamo abdicato, delegato o limitato tale ruolo? Me lo domando perché nella mia esperienza professionale mi capita di imbattermi in casi diversi: persone che sostengono che dovrebbe essere solo la scuola deputata all’educazione, persone che sostengono che dovrebbe essere un compito esclusivo dei genitori, persone che delegano comunque ad altri l’educazione delle nuove generazioni. Sto parlando di casi ovviamente, non in generale, ma non vorrei che questi casi fossero il segnale di un problema più vasto ecco perché pongo queste domande. E se la risposta fosse che non è più l’intera società a sentirsi investita del ruolo educativo ma solo alcune persone, siamo sicuri che i giovani incontrino nel loro percorso di crescita sufficienti modelli di comportamento? Chi si occupa insomma di insegnare loro le life skills?

Le life skills, un altro interessante argomento di cui vi parlerò nel mio prossimo articolo. Per ora di lanciato una bella “patata bollente”, un quesito non facile a cui rispondere ma a me basta che ci si rifletta almeno un poco. Il mio intento come sempre è di introdurre degli argomenti di psicologia e lasciare a chi legge qualche spunto di riflessione senza la pretesa di avere la soluzione in tasca. Meditate quindi gente, meditate e se lo desiderate esprimete le vostre opinioni. Al prossimo post e restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

DAL LIBRO CUORE: LA SCUOLA DI OGGI A CONFRONTO CON QUELLA DI ALLORA. Part.2

Ciao a tutti, nell’articolo della scorsa settimana, prendendo spunto da una lettura del libro “Cuore”, avevo messo a confronto alcuni aspetti della scuola di oggi con quella di allora. Nello specifico era emerso che l’istinto di accudimento e protezione delle mamme di fine ‘800 non è molto diverso da quello delle mamme di oggi. A seguito di questa constatazione era però sorta una domanda con cui ci eravamo lasciati: “se i genitori di allora erano apprensivi e protettivi come quelli di oggi perché ultimamente non si fa che discutere sul fatto che si intromettono troppo nella vita scolastica dei loro figli? Vedi ad esempio le chat di classe o le ingerenze sulla didattica o i metodi di insegnamento! Oltre un secolo fa accadeva la stessa cosa oppure al giorno d’oggi questa situazione si è allargata e diventata più pervasiva?”

È difficile fare un confronto tra scuola di fine ‘800 e scuola del XXI° secolo perché i fattori da analizzare sono molteplici ma sempre nel libro “Cuore” ho letto un altro passo che mi ha fatto riflettere e che forse potrebbe avvicinarci ad una risposta. Ve lo riporto di seguito.

“Rispetta, ama il tuo maestro, figliuolo. Amalo perché tuo padre lo ama e lo rispetta; perché egli consacra la vita al bene di tanti ragazzi che lo dimenticheranno; amalo perché ti apre e t’illumina l’intelligenza e ti educa l’animo………Ama il tuo maestro perché appartiene a quella grande famiglia di cinquantamila insegnanti elementari……che preparano al nostro paese un popolo migliore del presente”.

Ciò che mi ha colpito in particolare di questo passo è la frase: “amalo perché tuo padre lo ama e lo rispetta”. Credo che sentimenti come amore e rispetto siano la base per costruire un rapporto di stima e fiducia con un’altra persona e se si riesce a far questo allora è possibile affidarsi con sicurezza nelle mani dell’altro. Rispetto, amore, stima sono quindi ingredienti fondamentali per costruire un rapporto di fiducia, un’intesa e uno scopo comune tra genitori e insegnanti. Credo siano le condizioni necessarie per permettere ai genitori di affidare l’educazione dei loro figli ai maestri che incontrano a scuola.

Nel passo che ho citato, il padre che parla, crede fermamente e si fida dei maestri e dell’istituzione scuola. Forse sono proprio tutti questi sentimenti (rispetto, stima, amore, fiducia) che fanno sì che un genitore non si intrometta, non interferisca o non invada troppo l’area di competenza di un insegnante ma lasci fare in piena sicurezza, fidandosi dell’operato di chi è più esperto.

Allora a questo punto pongo un’altra domanda: “i genitori di oggi provano gli stessi sentimenti di cui si parla nel passo che citato? I genitori di oggi si fidano ancora dei maestri e dell’istituzione scolastica?”

Devo ammettere che, grazie alla possibilità che ho di confrontarmi con tutti gli interlocutori dell’universo scuola, a volte ho l’impressione che questi sentimenti vengano un po’ a mancare, che il patto educativo tra scuola e famiglia si perda un poco. Quindi la domanda la giro a voi: “cari genitori non vi fidate più degli insegnanti? E se sì, perché? E che ricadute ha questa mancanza di fiducia sulla vita scolastica di vostro figlio?”

Sono tante domande che lascio aperte, me ne rendo conto ma sono domande importanti su cui è bene riflettere a lungo per trovare delle risposte. Forse condividendo le varie opinioni qualche risposta si può trovare perciò vi invito a scrivere, commentare, condividere i vostri pensieri e nel frattempo……restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

DAL LIBRO CUORE: LA SCUOLA DI OGGI A CONFRONTO CON QUELLA DI ALLORA. Part.1

Ciao a tutti,

dopo la pausa delle festività natalizie torno a scrivere qualche mia riflessione su questa pagina.

Qualche tempo fa, a seguito della partecipazione ad una conferenza sul valore educativo del libro “Cuore”, ho pensato di rileggerlo, dopo tanti anni, con uno sguardo diverso. Infatti sto cercando di fare un confronto tra la scuola di allora e quella di oggi.

È ovvio che dopo oltre un secolo la scuola sia cambiata ma vorrei scoprire se qualche punto in comune è rimasto, se il cambiamento è stato sempre in positivo e se qualcosa che andato perduto, forse sarebbe meglio recuperarlo.

A proposito di qualcosa che non è cambiato, nello scorrere le pagine ho trovato questa frase: “Povere maestre! E ancora le mamme a lagnarsi: come va, signorina, che il mio bambino ha perso la penna? Com’è che il mio non impara niente? Perché non dà la menzione al mio che sa tanto?…”

Che sorpresa, non me l’aspettavo! Anche le mamme di fine ‘800 erano apprensive e protettive come quelle di oggi. Pensavo invece si comportassero diversamente, che avessero una sorta di sacro timore reverenziale verso le istituzioni per cui evitassero di fare richieste o addirittura lamentele agli insegnanti. E invece, a quanto pare, “tutto il mondo è paese” e le mamme sono sempre mamme in qualunque posto e in qualunque epoca. L’istinto di protezione e accudimento verso i propri figli è sempre lo stesso.

Ma se questo aspetto non è cambiato nel corso del tempo, allora perché oggi si fa un gran parlare del fatto che i genitori si intromettono troppo nella vita scolastica dei loro figli?

Spesso si sente parlare delle “terribili chat di classe” dove i genitori discutono animatamente contro questa o quella decisione dell’insegnante o della scuola, di consigli di classe o di istituto che diventano delle sorte di trincee, di difesa ad oltranza del singolo alunno anche di fronte alle evidenze. Insomma sembra che in molti casi genitori e insegnanti si trovino su fronti opposti. Questo succede come accadeva oltre un secolo fa o la situazione è peggiorata, è diventata più generalizzata e pervasiva?

Voi che leggete cosa ne pensate? C’è qualche genitore tra voi che vuole esprimere la sua opinione?

Io ho cercato una risposta in altre pagine del libro e forse l’ho trovata ma ve ne parlerò nel mio prossimo post. Intanto ci rifletterei insieme a voi e come sempre vi raccomando….restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

Buone Feste!

L’equipe del Centro di Psicoterapia Scaligero augura a tutti Buon Natale e Buon Anno!

Siamo felici che quest’anno si possano di nuovo trascorrere le festività con parenti e amici e speriamo che questo periodo sia per tutti pieno di gioia e serenità!

Il Centro di Psicoterapia Scaligero resterà chiuso nei canonici giorni festivi ma restiamo reperibili per info e appuntamenti.

IL RUOLO DELLA RELAZIONE INSEGNANTE-ALUNNO NELL’APPRENDIMENTO.

Ciao a tutti,

prendendo spunto da una conferenza sulla psicologia scolastica di qualche mese fa, oggi vorrei parlarvi dell’importanza che ha la relazione che si instaura tra un insegnante e un alunno per l’apprendimento.

Numerosi studi attestano che la costruzione di una buona relazione interpersonale tra insegnante e alunno ha delle ricadute positive sull’apprendimento perché migliorano aspetti come l’attenzione, la comprensione, l’interesse e la motivazione allo studio e così via. La costruzione di una buona relazione insegnante-alunno dovrebbe essere quindi la base di partenza su cui impostare la didattica.

Purtroppo non è sempre facile instaurare una buona relazione interpersonale perché entrano in gioco diversi fattori individuali, psicologici, ambientali e culturali che possono porsi come ostacoli a questo obiettivo.

In questo articolo vorrei focalizzare l’attenzione sull’insegnante e su come può agire per creare e mantenere una buona relazione con i suoi alunni.

Non è un compito facile perché l’insegnante si trova immerso in un contesto plurale e non in un rapporto diadico che pure dovrebbe cercare. Inoltre può essere trascinato dal susseguirsi degli eventi e osservare ciò che accade dal suo unico punto di vista, per citare solo alcune difficoltà.

Per ovviare a questi ostacoli uno psicologo scolastico potrebbe offrire la guida e il sostegno necessari per intraprendere la strada giusta, per migliorare aspetti come la reciprocità, la sensibilità, la sincronia da ambe le parti.

Gli interventi che potrebbero essere messi in atto sono molteplici:

  1. Si potrebbe lavorare sulla consapevolezza di sé in termini di emozioni, pensieri e comportamenti che si hanno nei confronti di un alunno. Le emozioni e i sentimenti che si provano verso un alunno hanno un impatto fondamentale sul modo di relazionarsi nei suoi confronti. Conoscere ciò che si prova permette di guidare il proprio comportamento;
  2. Si potrebbe lavorare sulla consapevolezza del proprio comportamento verbale e non verbale per essere sicuri di non inviare messaggi contradditori o negativi;
  3. Si potrebbe lavorare sullo sviluppare una visione dell’alunno basata su episodi specifici piuttosto che su un’idea generale ed avere un occhio più flessibile e aperto rispetto a tutte le caratteristiche dell’alunno stesso, senza focalizzarsi troppo solo su alcuni aspetti;
  4. Si potrebbe lavorare per migliorare il perspective taking, ovvero la capacità di mettersi nei panni degli altri e sulla teoria della mente, ovvero la capacità di leggere la mente dell’altro;
  5. Si potrebbe lavorare sullo sviluppare o migliorare la mentalizzazione dell’insegnante, ovvero la capacità di interpretare i comportamenti propri e altrui.

Come potete capire si potrebbe fare molto e i risultati potrebbero essere molto positivi. Per questo motivo continuo ad auspicare che lo psicologo possa diventare un giorno un elemento imprescindibile del sistema scolastico. Spero che condividiate la mia opinione e che sosteniate con me questa causa.

Per ora mi fermo qui e vi rimando al prossimo articolo. Restate connessi!

I BAMBINI/RAGAZZI E LE REGOLE.

Ciao a tutti, nel mio post di oggi prendo spunto dal video che condivido per parlarvi dell’importanza delle regole per bambini/ragazzi.

Premesso che rispetto alle regole spesso mi scontro con diversi luoghi comuni del tipo: “è importante dare tante regole”, “non bisogna dare regole perché limitano la creatività dei bambini”, “basta spiegare ad un bambino perché un comportamento è sbagliato perché non lo faccia più”, “se ripeto una richiesta più volte alla fine il bambino obbedirà”, “i bambini sanno autoregolarsi da soli”. In realtà le cose non vanno esattamente così e chi si è confrontato con questo argomento lo può testimoniare. Chi ha di queste aspettative spesso si rende conto che vengono disattese dai bambini/ragazzi e ciò crea frustrazione nell’adulto che finisce con l’utilizzare uno stile educativo più coercitivo come le punizioni. In questo modo i bambini/ragazzi finiscono con l’associare le regole alle punizioni e s’innesca un clima relazionale teso e conflittuale del tutto infruttuoso.

Cosa sono allora le regole? Le regole sono modello di comportamento a cui attenersi nel contesto famigliare e sociale, qualcosa a cui tendere ed aspirare per stare bene con sé stessi e con gli altri. Le regole sono quindi utili e funzionali alla vita comune. Senza regnerebbe l’anarchia. Ma per far sì che le regole siano davvero utili e aiutino il soggetto a crescere e migliorare è necessario che siano date nei modi e nei tempi corretti. Per prima cosa dovrebbero essere adeguate all’età del bambino/ragazzo e poi non dovrebbero essere troppo numerose e diversificate. Dovrebbero essere proposte in termini positivi come un proposito, non come negazione o domanda. Dovrebbero essere formulate in modo chiaro, semplice ed esplicito e dovrebbero essere una richiesta e non un ordine quindi dovrebbero essere espresse con un tono sereno.

Ricordiamoci che la vita di tutti noi è permeata di regole, da quelle del codice stradale, a quelle della scuola o del mondo del lavoro, a quelle di comportamento in ambito sociale o affettivo per citarne solo alcune. Perché quindi non preparare i bambini sin da piccoli al rispetto delle regole e al fatto che le trasgressioni comportano delle conseguenze? Credo che questo sia uno degli apprendimenti fondamentali per la vita. Siete d’accordo?

Se volete esprimere il vostro parere in proposito, lasciate pure un vostro commento e nel frattempo come sempre vi raccomando…. restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

QUALE E’ IL LIVELLO DI APPRENDIMENTO DURANTE LA DAD?

Ciao a tutti,

oggi vi propongo un altro articolo sull’apprendimento degli studenti e la didattica a distanza (DAD), che sembrano essere argomenti ancora attuali visto che, a causa della pandemia, ci sono ancora molti studenti costretti a seguire le lezioni scolastiche da casa.

Riprendo a proposito alcune considerazioni fatte dal dott. C. Cornoldi, nell’ambito di un meet online sulla psicologia scolastica di qualche mese fa.

Una domanda che ci si sta ponendo in ambito scolastico negli ultimi tempi è se l’apprendimento degli studenti sia calato. Studi recenti, in cui è stato fatto un confronto tra il livello degli apprendimenti di qualche anno fa e di oggi, purtroppo confermano questa ipotesi e sembra che la dad abbia contribuito a questo fenomeno. Ci sono poi dati diversi a seconda della fascia d’età testata e in particolare sembra che i risultati peggiori riguardino il primo e secondo anno della scuola primaria.

Come agire quindi di fronte ad un simile dato? Come rialzare il livello di apprendimento?

Una soluzione possibile potrebbe essere quella di riportare l’attenzione di insegnanti ed educatori sullo studente come soggetto che apprende. Significa quindi prepararsi sui processi di attenzione, di memoria e di motivazione che favoriscono l’apprendimento e comprendere come questi si modificano quando si applica la dad. Purtroppo invece questi argomenti sono spesso trascurati.

Ma anche in questo caso si può trovare una soluzione perché gli psicologi scolastici, grazie alle loro conoscenze, possono aiutare a comprendere e riflettere questi processi mentali. Certo lo psicologo a scuola non deve perdere la sua identità e diventare un pedagogo facendosi coinvolgere nell’impostazione didattica pedagogica, che è materia degli insegnanti, e allo stesso tempo non deve imporre la propria visione da un punto di vista psicologico. Si tratta di collaborare tra professionisti diversi cercando di mettere in campo ognuno le proprie conoscenze e competenze.

Ecco perché come psicologi crediamo fortemente nel nostro ruolo all’interno degli istituti scolastici e continuiamo la nostra battaglia perché questo ruolo sia riconosciuto una volta per tutte anche a livello istituzionale. Se voi che leggete, siete interessati all’argomento, potete darci una mano in tal senso, chiedendo tutti insieme che lo psicologo sia inserito nelle scuole italiane. Solo se faremo capire che questo bisogno c’è e viene richiesto dalla maggioranza, allora forse qualche cambiamento ci sarà. Io lo spero e come sempre vi rimando al prossimo post e vi raccomando….restate connessi!!!

Dr.ssa Pinton Michela

LA FATICA E’ UN REQUISITO INELUDIBILE DELL’APPRENDIMENTO OPPURE NO?

LA FATICA E’ UN REQUISITO INELUDIBILE DELL’APPRENDIMENTO OPPURE NO?

Ciao a tutti,

in questo articolo che prende spunto da una conferenza a cui ho assistito, vorrei parlarvi di come la fatica sia un requisito imprescindibile dal processo di apprendimento e di come la scuola di oggi in molti casi stia abbandonando questo concetto.

Alla recente Fiera delle Parole che si è svolta a Padova, ho partecipato ad una conferenza sul libro Cuore tenuta dal M. Fois. Tra i tanti argomenti trattati, uno è stato il confronto tra la scuola descritta dal libro Cuore e quella di oggi.

Ovviamente e giustamente la scuola è molto cambiata da quella di allora ma si è discusso se tale cambiamento sia sempre stato in meglio. Una delle affermazioni di M. Fois su questo punto è stata: “Da alcuni anni la parola fatica è stata bandita dalle nostre scuole!”

Secondo il relatore concetti come impegno, e fatica non si possono più neanche nominare a scuola e gli insegnanti si stanno trasformando in intrattenitori che fanno i salti mortali per rendere piacevoli e accattivanti le loro materie e lezioni, altrimenti non incontrano il gradimento degli studenti o rischiano di annoiarli.

Ammetto che sono d’accordo con questa opinione perché lavoro spesso a scuola e ho potuto constatare la difficoltà degli insegnanti di tenere accesa l’attenzione e la motivazione dei loro allievi. Io stessa faccio ogni sforzo possibile per rendere interessanti e dinamici i miei incontri in classe.

M. fois ha proseguito il suo intervento spiegando che in questo modo però ci troviamo di fronte ad un paradosso visto che la fatica è un elemento ineludibile dell’apprendimento. Non è possibile leggere, imparare, studiare, conoscere senza impegno e fatica. Allo stesso modo non è possibile trovare studenti a cui piaccia far fatica perché a nessuno piace. Quello che è successo per generazioni è che gli studenti si sono adattati o rassegnati a far fatica, chi più e chi meno ovviamente.

Quindi perché oggi non dovrebbe accadere la stessa cosa? Perché gli studenti di oggi non dovrebbero far fatica se questa è un requisito imprescindibile dell’apprendimento?

Forse questa domanda chiama in causa più noi adulti che i giovani studenti visto che per loro è naturale trovare lo studio difficile e faticoso.

Credo che siamo noi a voler slegare l’apprendimento dal concetto di fatica anche se è un’operazione impossibile. Per esempio mi capita che qualche genitore mi chieda: “Perché a mio figlio non piace studiare?” E io gli rispondo: “Perché a lei da bambino piaceva?”. Io ho dedicato tutta la mia vita allo studio quindi si può dedurre che mi piaccia e mi appassioni, eppure quando andavo a scuola non cantavo propriamente l’inno alla gioia quando era ora di fare i compiti. Da bambina preferivo giocare e da adolescente preferivo dedicarmi ai miei interessi e alle relazioni amicali e sentimentali. Niente di nuovo oggi sotto il sole. I giovani di oggi non sono diversi.

I motivi per cui noi adulti abbiamo deciso di evitare l’incombenza della fatica agli studenti di oggi possono essere diversi: per risultare più graditi ed avere la loro approvazione; per evitargli un compito gravoso; per paura di non essere amati e di entrare in conflitto; per proteggerli da una sofferenza; per procurargli solo esperienze piacevoli e così via.

Qualunque possa essere il motivo alla base di questa scelta la domanda che vi pongo sul finale è questa: “Siamo sicuri che eliminare la fatica dalla vita di bambini e ragazzi sia funzionale al loro crescita?”

Ricordiamoci che impegno e fatica sono “conditio sine qua non” per accedere alla vera conoscenza e alla comprensione della realtà. Quindi meglio un po’ di fatica oggi per avere adulti formati o meglio senza e adulti impreparati un domani? Io ci sto riflettendo e spero lo facciate anche voi. 

Se vi va potete condividere la vostra opinione nei commenti e nel frattempo restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

LA RIVOLUZIONE DELLE NUOVE TECNOLOGIE: UN BENE O UN MALE?

Alcuni giorni fa ho partecipato ad una conferenza di C. Augias dal titolo: “Viviamo in tempi orribili o no?” L’argomento principale trattato riguardava come le nuove tecnologie hanno rivoluzionato la nostra vita, come ancora oggi la stanno cambiando e come la cambieranno in futuro. In questo articolo vorrei discutere con voi se abbiamo o meno gli strumenti per affrontare questa rivoluzione e se sì come possiamo usarli.

Secondo C. Augias (condivido il suo parere) l’avvento delle nuove tecnologie costituisce una vera propria rivoluzione, paragonabile a quella dell’invenzione della scrittura o della stampa e come tale ha ripercussioni su ogni aspetto della nostra vita. L’autore ha poi posto una domanda importante: “Noi siamo consapevoli della portata di questa rivoluzione?” In pratica siamo consapevoli dei vantaggi ma anche degli svantaggi o rischi connessi all’auso delle nuove tecnologie?

Forse ho una visione un po’ pessimista ma, basandomi sulla mia esperienza di vita e lavorativa, credo che questa consapevolezza non ce l’abbiamo!

Nel mio lavoro mi occupo molto dell’uso delle nuove tecnologie da parte di bambini e ragazzi e per questo cerco di tenermi il più possibile informata e aggiornata sull’argomento. Nonostante questo mi rendo conto di saperne molto poco e se io che me ne occupo ne so poco, chi non tratta questo argomento quante e quali informazioni può avere? Che consapevolezza quindi può avere di questo fenomeno?

Temo che in realtà la maggioranza delle persone stia semplicemente subendo questa rivoluzione senza avere gli strumenti per comprenderla e gestirla e cercando di adattarsi come può.

Ci sono sicuramente diversi motivi per cui accade questo e non sono necessariamente una colpa: per esempio non tutti sanno dove poter reperire informazioni su questo argomento e discriminare quelle attendibili da quelle che non lo sono; non tutti hanno lo stesso bagaglio di conoscenze per poter comprendere articoli, studi e ricerche su questa materia; non è facile stare al passo con la velocità di trasformazione ed estensione del fenomeno; non è possibile prevedere con certezza gli esiti di una rivoluzione ancora in corso; non tutti hanno tempo ed interesse ad occuparsi di questo argomento nonostante l’impatto che ha sulla loro vita quotidiana.

Questi sono solo alcuni dei motivi per cui credo che molte persone abbiano poca consapevolezza dell’impatto dell’era digitale sulla nostra vita. Tuttavia credo che non essere sufficientemente consapevoli comporti dei rischi. Non credo di svelare niente di nuovo se dico che l’uso delle nuove tecnologie porti con sé sia dei vantaggi ma purtroppo anche degli svantaggi. Provo a farvi qualche esempio: siamo inondati da innumerevoli informazioni nello spazio di pochi secondi ma stiamo perdendo la capacità di approfondire un argomento; abbiamo la possibilità di connetterci col mondo intero ma ci stiamo disabituando al contatto umano reale; abbiamo aumentato esponenzialmente la nostra capacità di multitasking ma a scapito della capacità di concentrarci su un unico compito……e potrei continuare ad elencare cose che stanno cambiando intorno a noi e dentro di noi!

Capite la portata di questa rivoluzione ora? Se non possediamo gli strumenti per affrontarla, almeno siamo consapevoli che c’è, che è in atto, che ci sta cambiando e come. Non facciamoci trovare del tutto inermi, impreparati. Stiamo sul pezzo, informiamoci, aggiorniamoci. Se non tutti sono in grado di farlo per i motivi che ho citato prima ci sono persone preparate ed esperte che possono aiutare ad orizzontarsi. Io mi affido a queste persone, a chi ne sa più di me e nel mio piccolo cerco di trasferire queste conoscenze a chi ne potrebbe sapere meno di me. Restiamo connessi quindi col problema e usiamo questa connessione per far passare le informazioni giuste, per aumentare la nostra consapevolezza collettiva!

A presto con un altro post e stay tuned.

Dr.ssa Pinton Michela