Serata divulgativa: “Dalla RABBIA alla VIOLENZA”

locandina rassegna i giovedì della psicologia

All’interno della rassegna di incontri “I giovedì della Psicologia” che si terranno presso il Centro Clinico di Verona, il dr. Andrea Pasetto, la dr.ssa Francesca Gamba e la dr.ssa Michela Pinton condurranno la serata di Giovedì 24 Gennaio 2019 dal titolo “Dalla RABBIA alla VIOLENZA”.

Prossimamente vi daremo maggiori dettagli sugli argomenti della serata.

PREGIUDIZIO 4: “Io sono fatto così, è impossibile cambiare!”

10 pregiudizi psicologo

Continuiamo a sfatare vecchi pregiudizi. E’ vero che non si cambia? Beh, questa idea mi sembra si possa confutare facilmente. Tutti noi cambiamo continuamente: cambiamo idea, cambiamo ciò che sentiamo, cambiamo comportamento, cambiamo amici e partner, cambiamo progetti di vita e stili di vita. E meno male che è così, aggiungo. C’è ancora qualcuno convinto del contrario? Se sì, parliamone.

Cominciamo col definire che cos’è il cambiamento. Il cambiamento è la normale risposta con cui un sistema vivente supera gli ostacoli che un ambiente pone al raggiungimento dei propri scopi. Cambiare quindi ci permette di adattarci meglio al contesto in cui viviamo e di raggiungere i nostri scopi. Il cambiamento quindi può essere dovuto a fattori esterni o ad una motivazione interna. Facciamo degli esempi. Si può decidere di smettere di fumare, quindi cambiare un comportamento, un’abitudine, per migliorare il proprio stato di salute. Si può decidere di chiudere una relazione sentimentale perché non risponde più ai nostri bisogni, desideri, aspettative. Si può cambiare ideologia politica se ci si rende conto che provoca danni per sé e per gli altri come la storia ci insegna. Possiamo infine cambiare tutto di noi se ci troviamo ad affrontare eventi traumatici o catastrofici come la guerra o una calamità naturale. Ecco perché prima commentavo che è una fortuna che si possa cambiare. Se così non fosse probabilmente saremmo estinti.

Acclarato quindi che si può cambiare ed è un bene per tutti noi, è possibile che chi è convinto del contrario in realtà abbia qualche difficoltà a cambiare: in psicologia si parla di resistenza al cambiamento. Cerchiamo di capirne i motivi. I motivi posso essere tanti e diversi:

  1. Scarsa consapevolezza di sé per cui una persona non si rende conto che potrebbe cambiare oppure che già sta cambiando ma percepisce solo confusione e senso di non appartenenza alla vita che conduce;
  2. Paura del cambiamento e difficoltà ad assumersi dei rischi per proteggere la propria identità e perché spesso cambiare significa buttarsi in qualcosa di nuovo e ignoto;
  3. Sfiducia e pessimismo verso sé stessi e le proprie capacità rispetto alla possibilità di cambiare;
  4. Senso di colpa per cui non ci si ritiene di avere il diritto di cambiare;
  5. Attribuzione esterna di tutto ciò che accade per cui si è convinti che siano gli altri o l’ambiente a dover cambiare.

Tutti questi motivi ci fanno capire che non tutti sono ugualmente disposti al cambiamento e non tutti riescono a mettersi in gioco. Le difficoltà di queste persone vanno comprese e accolte, ognuno con i suoi tempi. Tuttavia spero, con questo breve testo, che il cambiamento possa ora essere visto come qualcosa di possibili e di positivo. Ci risentiamo presto per confutare un altro mito.

Perchè i ragazzi si sballano?

ragazza che fuma cannabis

Articolo a cura della Dr.ssa Federica Turri

L’adolescenza è un periodo evolutivo molto delicato, durante il quale i ragazzi affrontano profondi cambiamenti a livello fisico e psicologico. Questa è una fase di curiosità e scoperta: i ragazzi cercano di conoscere se stessi testando i propri limiti, anche attraverso nuove esperienze. Talvolta però sottovalutano i rischi e si espongono a comportamenti inconsueti, non sempre sani, spesso per non sentirsi esclusi dagli amici. Il gruppo dei pari, infatti, diventa a questa età il principale punto di riferimento e l’ansia del giudizio sociale o la paura di sentirsi diversi e inadeguati possono spingerli a condotte particolari.

Ecco che allora può nascere il desiderio di provare sostanze come la cannabis o l’alcol. Spesso ciò può accadere anche come risposta al bisogno di ribellarsi alle regole genitoriali o al tentativo di trovare un modo nuovo per svagarsi. Quando iniziano i primi contatti con queste esperienze, di solito l’adolescente non è consapevole dei rischi a cui si espone, quindi generalmente non chiede aiuto e tiene la famiglia all’oscuro di quanto gli sta accadendo. È importante comunque sapere che un primo contatto con le sostanze non rappresenta necessariamente l’inizio di un percorso di tossicodipendenza. Anzi, nella maggioranza dei casi si tratta di comportamenti a scopo ricreativo che rimangono ad un livello contenuto e che poi tendono a risolversi spontaneamente nel tempo, con l’acquisizione di abitudini più sane.

Sono invece a rischio quei ragazzi che continuano ad utilizzare queste sostanze o altre più pesanti perché si sono rivelate funzionali alla gestione di stati emotivi interni particolarmente dolorosi: giovani molto timidi, in fase depressiva, alle prese con importanti problematiche familiari o personali, possono trovare nelle sostanze un iniziale aiuto per attenuare questi malesseri, senza rendersi conto del pericolo della dipendenza che si può instaurare. In questi casi è possibile che le droghe diventino “compagne di strada”, “stampelle” a cui il giovane si appoggia non trovando in se stesso o nel contesto intorno a sé risorse alternative per affrontare il momento di difficoltà. Quindi quando il giovane non è più in grado di fermare l’abuso, significa che si è instaurata una dipendenza, che non è un vizio facilmente risolvibile con la buona volontà, ma una vera e propria malattia che richiede terapie mirate.

3 possibili conseguenze dell’uso delle nuove tecnologie sui nativi digitali.

Riflessioni sulla puntata del 15/10/2018 di Presa Diretta: Iperconnessi!

Viviamo nell’era digitale e siamo costantemente connessi alla rete attraverso l’uso dei devices: smartphone, tablet e pc. E’ un fenomeno generalizzato e inarrestabile oramai, ma ci siamo mai fermati a riflettere seriamente sull’impatto che ha questo nuovo stile di vita, in particolare sui giovani d’oggi, quelli che vengono definiti i nativi digitali?

Sabato scorso mi sono imbattuta in una interessante inchiesta di Presa Diretta sulle conseguenze dell’uso delle nuove tecnologie. Consiglio a tutti di vedere l’intera puntata per capire le conseguenze di questo fenomeno sul funzionamento del nostro cervello. Tuttavia ho deciso di proporvi solo un breve passaggio dell’intero video per riflettere con voi su cosa sta accadendo ai giovani di oggi.

Nell’intervista parlano un’insegnante di un liceo e, a seguire, una scrittrice che ha studiato il fenomeno nelle nuove generazioni. Se penso ai giovani con cui mi rapporto nell’ambito della mia professione, mio malgrado devo concordare con quanto raccontano. Quando lavoro a scuola con questa fascia d’età mi scontro con le stesse difficoltà: problemi di lettura, scrittura, comprensione del testo e non sto parlando di ragazzi con disturbi dell’apprendimento, ma di ragazzi normali.

Quando chiedo agli alunni di leggere un testo, la prima lamentela riguarda la lunghezza, anche se il testo non supera una facciata. Poi quando leggono, la lettura spesso risulta lenta, stentata, piena di errori. Già da questo si può capire che non sono abituati a leggere. Se chiedo quale sia la lettura preferita di solito la risposta è: nessuna. Non leggono. Ora non voglio sostenere che quando ero ragazza io si leggessero carrettate di libri, anzi. Credo che in ogni epoca siano rari i ragazzi che si appassionano alla lettura. Quando ero giovane si preferiva uscire a giocare con gli amici, oggi i ragazzi preferiscono chattare e navigare nella rete. Tuttavia qualcosa all’epoca mia si leggeva, fossero anche solo fumetti e libri per ragazzi e poi c’era la scuola che ti obbligava a leggere dei libri. La didattica scolastica contemporanea è cambiata e solo in qualche caso ho incontrato insegnanti che chiedono ancora la lettura di libri per intero. Molto più spesso gli alunni leggono solo brani o stralci di un testo. La didattica scolastica è diventata smart?

La scrittura: concordo sul fatto che ormai pochissimi scrivono usando il corsivo e la calligrafia, detta anche bella grafia, è rara. La punteggiatura non esiste e spesso vengono usati simboli o parole contratte nello stile dei messaggi, come ad esempio xkè, xò, cmq…. Non parlo neanche degli errori di ortografia. Leggere un testo scritto in questo modo diventa un’impresa estenuante per quanto tempo ci devi mettere a decifrarlo e a comprenderlo. Ogniqualvolta ho fatto notare ad un ragazzo la mia difficoltà nel leggere e comprendere un suo testo, sono stata guardata come un aliena e come se fosse colpa mia che non capivo. E’ come se questi ragazzi dessero per scontato che l’interlocutore li capisca e che quindi non sia necessario porsi il problema e impegnarsi per farsi capire.

La comprensione del testo credo sia la parte più deficitaria, tra tutte. Acquisire delle informazioni tramite ascolto o lettura, elaborarle e riuscire poi a riprodurle in un discorso di senso compiuto per molti sembra un compito estremamente difficile. Se l’attenzione dura ormai lo spazio di meno di un minuto è logico che le informazioni saranno scarse e frammentate ed è altrettanto logico che la riproduzione di quanto appreso si trasformi o nella sintesi, della sintesi, della sintesi di ciò che era in origine oppure in qualcosa di inventato perché integrato con altre informazioni presenti nella testa dei ragazzi. Il punto è che nessuno di questi esiti è buono. Non si può ridurre tutto ad un twitter o ad una fake news.

E vi siete chiesti cosa resta di queste informazioni in memoria? E sapete a cosa serve la memoria? Di questo ulteriore passaggio potrebbe essere utile riparlarne in maniera più approfondita. Per ora vi lascio riflettere sui 3 aspetti appena descritti, che mi sembra già molto. Non voglio lasciarvi con un’aria di pessimismo su questo argomento, perciò vi informo che ci sono tantissime ricerche in atto e che moltissimi esperti, tra medici, neuroscienziati, filosofi, psicologi e anche altri professionisti, si stanno adoperando per comprendere questo recente fenomeno e trovare delle soluzioni. Nel frattempo anche noi nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa per limitare i danni: possiamo informarci sulle conseguenze dell’uso dei dispositivi tecnologici, possiamo cercare di ridurre per quanto possiamo il tempo di esposizione ad essi, possiamo dedicarci ad attività alternative che ci consentano tempi più lenti e rilassati e che sviluppino capacità diverse del nostro cervello.

Convegno: I giovani e i disagi della sessualità.

sala convegnosala e relatori convegnoattestato convegno

Sabato scorso ho partecipato al convegno “I giovani e i disagi della sessualità”. Le relazioni sono state tutte molto interessanti e ricche di spunti per il futuro. Prossimamente vi parlerò degli argomenti che mi hanno colpito di più. Buon inizio settimana a tutti!