PSICOTERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE CON LA COPPIA

Ciò che conta in un matrimonio felice non è tanto quanto si è compatibili, ma come ci si relaziona con l’incompatibilità” (G. Levinger)

 

Uno degli obiettivi fondamentali di una relazione di coppia dovrebbe essere quello di favorire il benessere e la felicità delle persone che ne fanno parte.

Nelle favole i personaggi della coppia, il principe e la principessa, si incontrano, si sposano e vivono “per sempre” felici e contenti. Nella vita non accade proprio così.

La coppia, indipendentemente dall’orientamento sessuale, durante il suo percorso di crescita può trovarsi a dover gestire momenti di instabilità e difficoltà che sono spesso fonte di grande disagio.

La relazione di coppia è un legame dinamico, che tende cioè a mutare ed evolvere nel tempo, così come cambiano i partner che la compongono, in questa evoluzione spesso gli equilibri non restano funzionali. Se inizialmente prevale la condizione dell’innamoramento, con l’approfondimento della conoscenza reciproca la relazione diventa più stabile e solida, le emozioni travolgenti dell’inizio divengono più sfumate e si fa strada una valutazione più realistica ed oggettiva del partner, si iniziano a vederne i difetti e le fragilità. Può capitare che i partner sentano il legame come insoddisfacente e limitante, non basato su una comprensione reciproca, con richieste non comprensibili o condivisibili. Capita che ci si ritrovi in situazioni di “blocco” in cui i partner si accontentano di restare in una condizione insoddisfacente senza riuscire a trovare strategie per riorganizzare diversamente gli equilibri. La comunicazione e l’interazione possono diventare frustranti e disfunzionali.

La delusione delle aspettative può far sorgere dei dubbi sulla possibilità di continuare un rapporto che è diverso da quello che i partner avevano immaginato.

Frequentemente è proprio in questa fase che si richiede l’intervento di uno psicoterapeuta, per intraprendere un percorso di psicoterapia di coppia che aiuti a salvaguardare la relazione.

L’aiuto dello psicoterapeuta può rivelarsi determinante per evidenziare con maggiore chiarezza i desideri ed i bisogni della coppia. Può essere un prezioso sostegno nella ricerca di strategie che possono migliorare la comunicazione tra i partner e facilitare il riconoscimento delle risorse individuali e dell’equilibrio necessario affinché possano concertarsi nella coppia, rendendola fonte di esperienze emotive e relazionali piacevoli.

La psicoterapia di coppia non è utile soltanto alle coppie già in una fase critica, bensì può essere desiderabile anche per quelle coppie con una buona relazione, allo scopo di migliorare la comunicazione, prevenire futuri conflitti, conservare una relazione più armoniosa, così come per rafforzare il proprio legame e conoscersi meglio.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale di coppia è un approccio che si focalizza sulle problematiche portate dalla coppia, finalizzato a migliorare il funzionamento di due persone nel contesto della loro relazione.

È una psicoterapia collaborativa: la coppia e il terapeuta cooperano attivamente per raggiungere gli scopi concordati ed esplorano insieme la soluzione più adatta per entrambi i partner.

L’intervento psicoterapeutico è focalizzato sul presente, occupandosi in primo luogo del qui ed ora, tuttavia durante la terapia si analizza anche la storia di vita e di relazione della coppia per comprendere come si sono sviluppati i problemi presentati.

Nel corso del trattamento il terapeuta assegna ai partner dei compiti a casa con lo scopo di incrementare la consapevolezza di sé, dell’altro, della relazione e di favorire così il cambiamento.

Il percorso terapeutico si conclude quando le problematiche presenti nella relazione hanno trovato un equilibrio appagante per entrambi i partner.

Come gestire un bambino ADHD in classe?!

7 CONSIGLI UTILI PER GLI INSEGNANTI.

insegnante a scuola

Il dott. Russel Barkley, nell’ambito della sua relazione al Convegno Internazionale sull’ADHD, ha voluto dare alcune indicazioni agli insegnanti che si trovano in classe bambini con un Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività, in modo che possano comprendere maggiormente questo disturbo e pianificare in modo adeguato il loro lavoro.
Ecco quindi elencati i 7 principi proposti dal dott. Barkley:

1. Prima di tutto è importante capire che l’ADHD è un disturbo della regolazione delle funzioni esecutive, ossia un disturbo dello sviluppo neuro-biologico e quindi và considerato come una disabilità permanente, non una scelta del bambino di comportarsi male. Se sì comprende questo principio allora ci si potrà attivare per operare tutti gli aggiustamenti necessari per compensare la disabilità del bambino. Da questo primo principio derivano i successivi.
2. L’ADHD interferisce con l’autoconsapevolezza, cioè il bambino non si rende conto di quello che sta facendo. Quando perde il controllo è quindi importante che sia l’insegnante a fermarlo e aiutarlo a diventare consapevole più di sé chiedendogli di descrivere cosa sta facendo e sentendo. Può essere utile creare dei report con elencati diversi comportamenti che il bambino può compilare alla fine di ogni lezione o giornata per valutare come si è comportato. Quando invece è riuscito ad eseguire un compito o una richiesta è molto utile filmarlo per poi mostrargli come si è comportato e rinforzare positivamente il suo comportamento in modo che lo possa ripetere.
3. Il bambino con ADHD ha difficoltà ad inibire certi comportamenti, può quindi essere utile concordare con lui un suggerimento o un gesto che gli faccia capire di fermarsi e guardarsi intorno molto attentamente. Un esempio in tal senso è la tecnica della tartaruga. Quando l’insegnante dice la parola tartaruga il bambino deve comportarsi come una tartaruga, quindi ritrarre le zampe dentro il guscio, guardarsi bene intorno, osservando lentamente e attentamente cosa succede nell’ambiente e pensare bene cosa deve fare.
4. L’ADHD è una disfunzione della memoria di lavoro perciò dobbiamo aiutare il bambino a ricordare le cose che gli abbiamo chiesto utilizzando ad esempio liste, post-it, calendari o segnali convenzionali. Non sembra essere molto utile la tecnologia, come gli smartphone, perché il bambino o il ragazzo con adhd tendono a dimenticarli, a dimenticarsi di ricaricarli, a dimenticarsi di impostarli. Sono molto più utili gli strumenti materiali, oggetti fisici come quelli sopra elencati.
5. Chi soffre di ADHD ha molte difficoltà nell’automotivazione, per questo motivo spesso si annoia o non si interessa ad un compito. E’ necessario quindi rendere la motivazione fisica e reale, trovare un premio tangibile e interessante che motivi il bambino ad eseguire le nostre istruzioni.
6. Il bambino con ADHD non sa regolare le sue emozioni che possono quindi essere molto forti e provocare reazioni impulsive e inappropriate. Può essere utile in questo caso trovare uno spazio tranquillo dove il bambino possa calmarsi e concordare delle autoistruzioni che possa ripetere a sé stesso per calmarsi. Anche in questo caso fare un video al bambino quando riesce a calmarsi e mostrarglielo sottolineando la sua bravura, può essere un rinforzo positivo perché ripeta quello stesso comportamento anche in altre occasioni.
7. Chi soffre di ADHD non sa pianificare e risolvere i problemi perché non sa manipolare le informazioni. Il problem solving di solito si basa su un gioco mentale ma se riusciamo a trasformare questo gioco in qualcosa di fisico e concreto, per esempio usando degli oggetti come delle biglie colorate, allora ci può riuscire.

Spero che queste poche indicazioni possano essere utili a chi a scuola si occupa di bambini o ragazzi con ADHD. Lo scopo principale è far conoscere bene questo disturbo perché se lo si comprende per quello che è allora si può aprire la strada alle soluzioni giuste.

A cura del dott. Russell A. Barkley, Ph.D. intervenuto al Convegno Internazionale “ADHD e Disturbi Dirompenti del Comportamento”.

Il Dott. Brakley è un’autorità riconosciuta nel campo del Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività nei banbini e negli adulti. Ha dedicato la sua carriera a diffondere informazioni scientifiche sull’ADHD. E’ un professore di psichiatria del Centro per il trattamento dei bambini della Virginia e del Centro medico universitario dell Virginia.

Intervista a Radio Verona della dr.ssa Pinton Michela sul DOC

In questa intervista si parla della differenza tra psicologia e psicoterapia e del Disturbo Ossessivo Compulsivo.

In particolare vengono descritti i sintomi che caratterizzano il DOC, la sofferenza psicologica causata dal disturbo e le possibilità di cura.

Se avete dubbi, domande o riflessioni scrivete un commento oppure contattateci.

Buona visione!