Ciao a tutti, nel mio post di oggi prendo spunto dal video che condivido per parlarvi dell’importanza delle regole per bambini/ragazzi.
Premesso che rispetto alle regole spesso mi scontro con diversi luoghi comuni del tipo: “è importante dare tante regole”, “non bisogna dare regole perché limitano la creatività dei bambini”, “basta spiegare ad un bambino perché un comportamento è sbagliato perché non lo faccia più”, “se ripeto una richiesta più volte alla fine il bambino obbedirà”, “i bambini sanno autoregolarsi da soli”. In realtà le cose non vanno esattamente così e chi si è confrontato con questo argomento lo può testimoniare. Chi ha di queste aspettative spesso si rende conto che vengono disattese dai bambini/ragazzi e ciò crea frustrazione nell’adulto che finisce con l’utilizzare uno stile educativo più coercitivo come le punizioni. In questo modo i bambini/ragazzi finiscono con l’associare le regole alle punizioni e s’innesca un clima relazionale teso e conflittuale del tutto infruttuoso.
Cosa sono allora le regole?Le regole sono modello di comportamento a cui attenersi nel contesto famigliare e sociale, qualcosa a cui tendere ed aspirare per stare bene con sé stessi e con gli altri. Le regole sono quindi utili e funzionali alla vita comune. Senza regnerebbe l’anarchia. Ma per far sì che le regole siano davvero utili e aiutino il soggetto a crescere e migliorare è necessario che siano date nei modi e nei tempi corretti. Per prima cosa dovrebbero essere adeguate all’età del bambino/ragazzo e poi non dovrebbero essere troppo numerose e diversificate. Dovrebbero essere proposte in termini positivi come un proposito, non come negazione o domanda. Dovrebbero essere formulate in modo chiaro, semplice ed esplicito e dovrebbero essere una richiesta e non un ordine quindi dovrebbero essere espresse con un tono sereno.
Ricordiamoci che la vita di tutti noi è permeata di regole, da quelle del codice stradale, a quelle della scuola o del mondo del lavoro, a quelle di comportamento in ambito sociale o affettivo per citarne solo alcune. Perché quindi non preparare i bambini sin da piccoli al rispetto delle regole e al fatto che le trasgressioni comportano delle conseguenze? Credo che questo sia uno degli apprendimenti fondamentali per la vita. Siete d’accordo?
Se volete esprimere il vostro parere in proposito, lasciate pure un vostro commento e nel frattempo come sempre vi raccomando…. restate connessi!
LA FATICA E’ UN REQUISITO INELUDIBILE DELL’APPRENDIMENTO OPPURE NO?
Ciao a tutti,
in questo articolo che prende spunto da una conferenza a cui ho assistito, vorrei parlarvi di come la fatica sia un requisito imprescindibile dal processo di apprendimento e di come la scuola di oggi in molti casi stia abbandonando questo concetto.
Alla recente Fiera delle Parole che si è svolta a Padova, ho partecipato ad una conferenza sul libro Cuore tenuta dal M. Fois. Tra i tanti argomenti trattati, uno è stato il confronto tra la scuola descritta dal libro Cuore e quella di oggi.
Ovviamente e giustamente la scuola è molto cambiata da quella di allora ma si è discusso se tale cambiamento sia sempre stato in meglio. Una delle affermazioni di M. Fois su questo punto è stata: “Da alcuni anni la parola fatica è stata bandita dalle nostre scuole!”
Secondo il relatore concetti come impegno, e fatica non si possono più neanche nominare a scuola e gli insegnanti si stanno trasformando in intrattenitori che fanno i salti mortali per rendere piacevoli e accattivanti le loro materie e lezioni, altrimenti non incontrano il gradimento degli studenti o rischiano di annoiarli.
Ammetto che sono d’accordo con questa opinione perché lavoro spesso a scuola e ho potuto constatare la difficoltà degli insegnanti di tenere accesa l’attenzione e la motivazione dei loro allievi. Io stessa faccio ogni sforzo possibile per rendere interessanti e dinamici i miei incontri in classe.
M. fois ha proseguito il suo intervento spiegando che in questo modo però ci troviamo di fronte ad un paradosso visto che la fatica è un elemento ineludibile dell’apprendimento. Non è possibile leggere, imparare, studiare, conoscere senza impegno e fatica. Allo stesso modo non è possibile trovare studenti a cui piaccia far fatica perché a nessuno piace. Quello che è successo per generazioni è che gli studenti si sono adattati o rassegnati a far fatica, chi più e chi meno ovviamente.
Quindi perché oggi non dovrebbe accadere la stessa cosa? Perché gli studenti di oggi non dovrebbero far fatica se questa è un requisito imprescindibile dell’apprendimento?
Forse questa domanda chiama in causa più noi adulti che i giovani studenti visto che per loro è naturale trovare lo studio difficile e faticoso.
Credo che siamo noi a voler slegare l’apprendimento dal concetto di fatica anche se è un’operazione impossibile. Per esempio mi capita che qualche genitore mi chieda: “Perché a mio figlio non piace studiare?” E io gli rispondo: “Perché a lei da bambino piaceva?”. Io ho dedicato tutta la mia vita allo studio quindi si può dedurre che mi piaccia e mi appassioni, eppure quando andavo a scuola non cantavo propriamente l’inno alla gioia quando era ora di fare i compiti. Da bambina preferivo giocare e da adolescente preferivo dedicarmi ai miei interessi e alle relazioni amicali e sentimentali. Niente di nuovo oggi sotto il sole. I giovani di oggi non sono diversi.
I motivi per cui noi adulti abbiamo deciso di evitare l’incombenza della fatica agli studenti di oggi possono essere diversi: per risultare più graditi ed avere la loro approvazione; per evitargli un compito gravoso; per paura di non essere amati e di entrare in conflitto; per proteggerli da una sofferenza; per procurargli solo esperienze piacevoli e così via.
Qualunque possa essere il motivo alla base di questa scelta la domanda che vi pongo sul finale è questa: “Siamo sicuri che eliminare la fatica dalla vita di bambini e ragazzi sia funzionale al loro crescita?”
Ricordiamoci che impegno e fatica sono “conditio sine qua non” per accedere alla vera conoscenza e alla comprensione della realtà. Quindi meglio un po’ di fatica oggi per avere adulti formati o meglio senza e adulti impreparati un domani? Io ci sto riflettendo e spero lo facciate anche voi.
Se vi va potete condividere la vostra opinione nei commenti e nel frattempo restate connessi!
Alcuni giorni fa ho partecipato ad una conferenza di C. Augias dal titolo: “Viviamo in tempi orribili o no?” L’argomento principale trattato riguardava come le nuove tecnologie hanno rivoluzionato la nostra vita, come ancora oggi la stanno cambiando e come la cambieranno in futuro. In questo articolo vorrei discutere con voi se abbiamo o meno gli strumenti per affrontare questa rivoluzione e se sì come possiamo usarli.
Secondo C. Augias (condivido il suo parere) l’avvento delle nuove tecnologie costituisce una vera propria rivoluzione, paragonabile a quella dell’invenzione della scrittura o della stampa e come tale ha ripercussioni su ogni aspetto della nostra vita. L’autore ha poi posto una domanda importante: “Noi siamo consapevoli della portata di questa rivoluzione?” In pratica siamo consapevoli dei vantaggi ma anche degli svantaggi o rischi connessi all’auso delle nuove tecnologie?
Forse ho una visione un po’ pessimista ma, basandomi sulla mia esperienza di vita e lavorativa, credo che questa consapevolezza non ce l’abbiamo!
Nel mio lavoro mi occupo molto dell’uso delle nuove tecnologie da parte di bambini e ragazzi e per questo cerco di tenermi il più possibile informata e aggiornata sull’argomento. Nonostante questo mi rendo conto di saperne molto poco e se io che me ne occupo ne so poco, chi non tratta questo argomento quante e quali informazioni può avere? Che consapevolezza quindi può avere di questo fenomeno?
Temo che in realtà la maggioranza delle persone stia semplicemente subendo questa rivoluzione senza avere gli strumenti per comprenderla e gestirla e cercando di adattarsi come può.
Ci sono sicuramente diversi motivi per cui accade questo e non sono necessariamente una colpa: per esempio non tutti sanno dove poter reperire informazioni su questo argomento e discriminare quelle attendibili da quelle che non lo sono; non tutti hanno lo stesso bagaglio di conoscenze per poter comprendere articoli, studi e ricerche su questa materia; non è facile stare al passo con la velocità di trasformazione ed estensione del fenomeno; non è possibile prevedere con certezza gli esiti di una rivoluzione ancora in corso; non tutti hanno tempo ed interesse ad occuparsi di questo argomento nonostante l’impatto che ha sulla loro vita quotidiana.
Questi sono solo alcuni dei motivi per cui credo che molte persone abbiano poca consapevolezza dell’impatto dell’era digitale sulla nostra vita. Tuttavia credo che non essere sufficientemente consapevoli comporti dei rischi. Non credo di svelare niente di nuovo se dico che l’uso delle nuove tecnologie porti con sé sia dei vantaggi ma purtroppo anche degli svantaggi. Provo a farvi qualche esempio: siamo inondati da innumerevoli informazioni nello spazio di pochi secondi ma stiamo perdendo la capacità di approfondire un argomento; abbiamo la possibilità di connetterci col mondo intero ma ci stiamo disabituando al contatto umano reale; abbiamo aumentato esponenzialmente la nostra capacità di multitasking ma a scapito della capacità di concentrarci su un unico compito……e potrei continuare ad elencare cose che stanno cambiando intorno a noi e dentro di noi!
Capite la portata di questa rivoluzione ora? Se non possediamo gli strumenti per affrontarla, almeno siamo consapevoli che c’è, che è in atto, che ci sta cambiando e come. Non facciamoci trovare del tutto inermi, impreparati. Stiamo sul pezzo, informiamoci, aggiorniamoci. Se non tutti sono in grado di farlo per i motivi che ho citato prima ci sono persone preparate ed esperte che possono aiutare ad orizzontarsi. Io mi affido a queste persone, a chi ne sa più di me e nel mio piccolo cerco di trasferire queste conoscenze a chi ne potrebbe sapere meno di me. Restiamo connessi quindi col problema e usiamo questa connessione per far passare le informazioni giuste, per aumentare la nostra consapevolezza collettiva!
oggi riprendo e concludo l’articolo della scorsa settimana sull’utilizzo delle nuove tecnologie dopo la mia esperienza negli istituti scolastici lo scorso anno. Avevo concluso il mio precedente post raccontandovi di quanto i ragazzi siano abili nel comprendere il funzionamento dei sistemi digitali mentre per parte mia ho potuto mettere in campo competenze di altro tipo. Da ciò l’idea di una collaborazione tra adulti e ragazzi quando si interagisce con questi strumenti.
Questa idea mi è venuta anche perché mi sono resa conto che il modo in cui gli alunni approcciavano ai diversi device appariva del tutto inconsapevole e facile al condizionamento. Per usare una similitudine, immaginate che il web sia una giungla e che i ragazzi siano dei dispersi senza alcun strumento di sopravvivenza.
Per fare degli esempi: 1) la maggior parte di loro non si rende assolutamente conto di quanto tempo passa connesso perché viene risucchiato da un vortice di messaggi, notifiche, video e così via;
2) sono talmente assuefatti al piacere che provocano questi strumenti da non riuscire più a staccarsene o farne a meno;
3) il mondo virtuale è talmente compenetrato nel mondo reale che finiscono con l’essere continuamente distratti e influenzati da ciò che succede nel mondo virtuale, creando una sorta di interferenza continua;
4) difficilmente riescono a distinguere ciò che vero da ciò che non lo è, tutto diventa assolutamente credibile solo perché online e ripetuto in maniera ridondante.
Questi sono alcuni esempi di quello che accade ai ragazzi quando sono connessi. Li definirei “disarmati” perché mancano di competenze importanti e utili per approcciare nel modo corretto al mondo virtuale: parlo della capacità di darsi delle regole di comportamento, parlo della capacità di discriminare e scegliere nel mare magnum della rete ciò che è attendibile, utile, interessante e di valore da ciò che non lo è, parlo di pensiero critico. Attenzione però, perché non ne faccio una colpa ai ragazzi se non possiedono o non hanno ancora sviluppato queste capacità e competenze. Il fatto è che serve un certo grado di maturità per averle e semplicemente loro ancora non ce l’hanno perché stanno crescendo, sono in fase di formazione. Sarebbe come chiedere ad un neonato di alzarsi in piedi e fare una corsa. Non è possibile perché non ne ha le capacità.
Si tratta quindi di comprendere che un minore non ha ancora le abilità per gestire gli strumenti tecnologici.
Quale la soluzione allora? Li vietiamo finché non hanno raggiunto la giusta maturità come succede per esempio con la patente di guida?
Assurdo, se non impossibile da realizzare visto che le nuove tecnologie ormai fano parte integrante del nostro quotidiano e indietro non si può tornare. In alternativa allora ritorno alla mia idea di partenza: la collaborazione tra adulti e ragazzi. Finché un minore non ha acquisito le abilità necessarie a gestire in autonomia i dispositivi tecnologici dovremmo essere noi adulti ad accompagnarlo e aiutarlo nel mondo virtuale esattamente come da sempre facciamo nel mondo reale.
Ma è a questo punto che sorge un’altra domanda: “Quanti di voi adulti svolgono davvero questa funzione? Quanti stanno a fianco per osservare, informare, spiegare, aiutare, parlare, sorvegliare, sostenere finché non è arrivato il momento di lasciare andare?”
Posso già rispondere a questa domanda: pochissimi!!!
Cari genitori, insegnanti, educatori etc. etc. a questo punto non mettetevi sulla difensiva per quanto sto dicendo perché questo non è un mio punto di vista ma l’affermazione di almeno un centinaio di ragazzi della scuola secondaria di primo grado a cui ho posto la stessa domanda.
Tranne qualche raro caso, quasi tutti mi hanno risposto che il tempo online lo passano sempre da soli, senza nessun adulto che se ne occupi o stia loro accanto. Se ciò corrisponde al vero e non ho motivo di dubitarne ho un’altra domanda da porvi: “Perché noi adulti non ci stiamo occupando dell’educazione dei minori all’uso delle nuove tecnologie? Oppure perché deleghiamo ad altri tale funzione come ad esempio la scuola? Non ci rendiamo conto neanche noi di quanto e come usano tali strumenti, dei rischi a cui possono andare incontro? Non siamo abbastanza pronti, informati, preparati a svolgere tale compito o è troppo difficile e quindi stiamo rinunciando?”
Qualunque sia il motivo, rinunciare o delegare non mi sembra una buona soluzione o per lo meno la trovo molto rischiosa. Per questo la mia proposta continua ad essere la stessa: “Armiamoci e partiamo” ovvero prepariamoci, informiamoci, studiamo per insegnare, aiutare e stare davvero accanto alle nuove generazioni nell’utilizzo dei dispositivi digitali.
A, Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva, che ha scritto diversi libri sull’argomento, ha detto: “Voi consegnereste a vostro figlio minorenne le chiavi di una Ferrari e gli direste di andare a far un giro?”
Credo che la maggior parte di voi risponderebbe ovviamente di no. Ma allora perché consegnare nelle mani di un minore un dispositivo dalle infinite possibilità senza istruzioni per l’uso e senza la giusta preparazione?
Io nel mio piccolo, ho scelto di svolgere questo compito e fare il possibile per stare a fianco ed aiutare. Ora lascio a voi fare le dovute riflessioni sull’argomento e valutare se e come assolvere al ruolo educativo anche in questo ambito. Se vorrete condividere il vostro pensiero mi farà molto piacere.
come promesso, dopo la pausa estiva, torno a pubblicare articoli divulgativi, riflessioni e commenti nell’ambito della psicologia, che spero possano essere di pubblico interesse.
Forse ricorderete che fino a Giugno ho lavorato in un paio di Istituti Comprensivi di Padova e provincia come psicologa scolastica. Uno dei progetti per le classi della scuola secondaria di primo grado che sono stata incaricata di seguire si intitolava “I pericoli della rete”, che però io ho voluto trasformare in “Pro e contro delle nuove tecnologie”. Lungi da me infatti era l’intento di demonizzare le nuove tecnologie visto che mai come in questi ultimi due anni ci sono state così utili.
Nello stesso periodo in cui mi accingevo ad affrontare questo argomento in classe, per una singolare coincidenza, è arrivato un periodo di lock down e l’obbligo anche per me di utilizzare la dad.
Ripensando quindi a come presentare gli argomenti che volevo trattare e a come interagire con gli alunni attraverso il pc, ho subito capito che avrei dovuto buttare nel cestino metodi e strumenti per me consueti e cercare nuove strade. E così ho fatto!
Nella mia pratica professionale non è una novità usare le nuove tecnologie, lo faccio quotidianamente ma qui mi si presentava una sfida nuova: “Come interagire con un intero gruppo classe attraverso il computer senza far diventare il mio intervento una lezione didattica frontale? Come mantenere aperto il dialogo e il confronto? Come approfondire gli argomenti senza diventare noiosa?”
Lo strumento non era nuovo per me ma la sua applicazione in ambito scolastico diventava in quel momento una nuova esperienza da affrontare e così ho cominciato a informarmi su quante più possibilità potesse offrirmi. Ho scoperto infinite possibilità: programmi, app, piattarfome e così via. Qualcuna già la conoscevo, qualcun’altra confesso di no. E così ho cominciato a studiare, a prepararmi, ad applicarmi in questi nuovi strumenti rendendomi conto che c’è un mondo da scoprire e così tanto da sapere anche in virtù del fatto che le nuove tecnologie sono in continua evoluzione.
Ovviamente in poco tempo sono riuscita a trovare il modo di applicare solo qualcuno degli infiniti mezzi a disposizione e quando ho cominciato a confrontarmi con gli alunni mi sono resa conto di quanto loro sappiano usare questi mezzi in modo più immediato, intuitivo e abile di me. Anche quando non conoscono un programma, sono immediati nell’apprendere come utilizzarlo. Lo fanno in modo automatico, mentre io ci devo pensare, impiego più tempo.
E così la prima cosa che ho capito è che i ragazzi potevano essermi utili nel destreggiarmi con le nuove tecnologie. Mi sono chiesta: “Perché non uscire davvero dall’ottica docente-discente e metterci su un piano di vera collaborazione, dove i ragazzi sono gli esperti del funzionamento del mondo digitale e io l’esperta di come funziona la mente umana quando interagisce con questi strumenti e di quali abilità e competenze richiedono?”
Questa è la prima riflessione a cui sono arrivata nel corso di quella esperienza ma ce ne sono state altre ancora di cui vi vorrei parlare nel prossimo post. Nel frattempo, condividete con me che le nuove generazioni sono più abili di noi adulti nell’approcciare alle nuove tecnologie e che quindi è fondamentale per noi genitori, insegnanti, psicologi, educatori…..stare al passo con loro cercando il più possibile di informarci e aggiornarci?
Spero conveniate con me e che vi armiate, come faccio io, di tempo e pazienza per imparare e tenere il passo!
A presto con la seconda parte dell’articolo. Restate connessi!
Nel Centro di Psicoterapia Scaligero ci interroghiamo spesso su quelli che sono i fenomeni attuali, di cui si parla maggiormente. Data la preoccupazione di molti genitori legata all’utilizzo massiccio di TikTok da parte dei figli, ci siamo interessati alla relazione tra il famoso social network e il benessere degli adolescenti. Tiktok nasce nel 2016 e in pochissimo tempo si diffonde in tutto il mondo, soprattutto all’interno della popolazione giovanile. Nel 2020 conta in Italia più di 2 milioni e mezzo di utenti e la sua espansione non sembra rallentare. Ci siamo chiesti innanzitutto, perché i giovani usano TikTok? Da quanto emerge in letteratura, sembra che TikTok non sia solo un “capriccio” per gli adolescenti, ma un vero e proprio bisogno. Secondo Shao (2018) TikTok fornisce agli adolescenti la possibilità di sentirsi parte del loro gruppo di pari, di mettersi in luce al suo interno e di ricevere feedback su sé stessi, in modo da potersi conoscere meglio. Bucknell, Kottasz e altri autori sottolineano, inoltre, come la partecipazione attiva a TikTok, attraverso la creazione di contenuti sotto forma di video brevi, sia motivata dalla necessità di espandere la propria rete sociale, esprimersi in modo creativo e cercare il successo. Anche l’utilizzo passivo (osservare i video altrui) sembra avere una certa utilità, perché in grado di far evadere i giovani dalla loro quotidianità. In una realtà in cui, la maggior parte dei giovani utilizza TikTok, non farlo vuol dire essere esclusi dal gruppo. Una volta compreso il perché è così importante avere un account sul social network, ci siamo posti una seconda domanda:
TikTok rappresenta davvero una fonte di benessere per gli adolescenti? Sembra che la risposta che emerga dalla letteratura sia negativa. A differenza di altri social, quali Facebook, Instagram o Twitter, l’interazione principale dei ragazzi non è con altri utenti ma con “una versione algoritmizzata” di sé. TikTok sfrutta un algoritmo molto veloce che permette di cogliere quasi istantaneamente gli interessi di chi lo usa, così da personalizzare l’esperienza in base alle sue preferenze. Ciò si traduce nell’essere catturati con estrema rapidità da un flusso di video personalizzati, suscitando esperienze molto immersive e potenziale “dipendenza” (Bhandari & Bimo, 2020). Al contrario quindi di altri social network, non è stata rilevata nessuna relazione tra TikTok, supporto sociale e benessere, sia se usato attivamente che passivamente. Secondo Kross e altri autori (2021) anche il confronto con persone di maggior successo e l’accesso alle cosiddette “sfide” potrebbe determinare effetti dannosi sull’esperienza di utilizzo. Nota positiva invece, TikTok, come altri social network, può essere sfruttato per la diffusione di conoscenze e informazioni positive tra i giovani. A questo proposito, durante l’emergenza Covid, il governo cinese ha deciso di adottarlo quale strumento di diffusione di conoscenze sanitarie (come l’importanza dell’utilizzo di mascherine) attraverso video brevi. L’iniziativa è stata accolta positivamente tra i giovani.
Cosa possiamo concludere quindi su TikTok? Nonostante la ricerca ad oggi sia ancora limitata, è importante sottolineare che, nonostante TikTok non sembri produrre un reale benessere in chi lo utilizza, quando si parla di adolescenti l’appartenenza ad un gruppo, così come l’aumento dell’indipendenza dagli adulti e l’esplorazione della propria identità, diventa un bisogno fondamentale; possiamo dunque ipotizzare che il “non uso” di questi strumenti possa rappresentare una fonte di malessere per i giovani, di fatto peggiore del suo utilizzo. È importante comunque incoraggiare i ragazzi ad usarlo con moderazione, a limitarne il tempo di utilizzo e ad interagire con il gruppo di pari non solo online, ma anche offline. Quest’ultimo aspetto permetterebbe all’adolescente di poter disporre in maniera equilibrata degli strumenti a sua disposizione, per favorire una migliore e più sana inclusione.
E per la serie “Sempre sul pezzo”, questo è l’ultimo webinar a cui ho partecipato.
Il messaggio più importante che mi sono portata a casa e che vorrei condividere con tutti, insegnanti, dirigenti, personale scolastico e genitori, è che anche noi psicologi siamo stati travolti da questa pandemia come tutti voi e ne paghiamo le conseguenze come chiunque altro. Nonostante questo entriamo nelle scuole con il desiderio e la volontà di portare il nostro aiuto e sostegno a tutti. Abbiamo bisogno però anche noi del vostro aiuto e della vostra collaborazione. Il peso di tutti i problemi non può essere scaricato sulle spalle di quell’unico psicologo che è riuscito ad entrare quest’anno a scuola. Cerchiamo invece di fare squadra, di collaborare, di sostenerci a vicenda e di fare ognuno la sua parte e sicuramente le cose andranno meglio!
Nella mia esperienza di quest’anno scolastico ho vissuto sia la prima che la seconda situazione. Ovviamente nel secondo caso le cose sono andate per il verso giusto sin dai primi passi, nel primo ho dovuto far capire che, come al solito, “non possiedo bacchette o poteri magici” per risolvere i problemi. Ma devo ammettere che sono stata compresa subito, bastava solo parlarsi apertamente e spiegarsi e tutto è andato a buon fine.
Quindi il mio bilancio è assolutamente positivo finora. Manca ancora un mese e mezzo alla fine, il lavoro è tanto così come la fatica, ma le soddisfazioni sono molte di più, quindi vento in poppa (se non ci fermano di nuovo) e si viaggia dritti verso l’orizzonte!
a breve svolgerò un progetto di prevenzione sull’affettività e sessualità presso uno degli Istituti scolastici con cui collaboro e così sto consultando nuovi libri per prepararmi al confronto con i ragazzi. Alcuni genitori mi hanno chiesto di indicare qualche testo che li aiuti ad affrontare questo argomento con i loro figli perchè anche l’educazione sessuale è un aspetto della salute con cui ogni famiglia prima o poi entra in contatto ed è fondamentale essere preparati a dare informazioni e risposte adeguate.Per questo motivo oggi propongo questo testo di facile fruizione per tutti, che tocca un pò tutti gli aspetti dell’affettività e della sessualità, anche quelli più spinosi e che da semplici e chiare indicazioni su quali informazioni e quale linguaggio usare con bambini e ragazzi. Buona lettura a voi e restate connessi!
Ecco la mia prossima lettura, è arrivata ieri e non vedo l’ora di cominciarla!
E’ incredibile, sono 40 anni che leggo e studio eppure ogni volta che acquisto un nuovo libro è un’emozione pari a quella del primo giorno di scuola. Adoro la copertina e le pagine ancora immacolate, il profumo della carta stampata quando sfogli le pagine per la prima volta e la curiosità di sapere cosa ci sarà scritto tra quelle pagine. La lettura è una passione per me, se così non fosse, non sarei riuscita a completare gli studi, né potrei fare il mio lavoro che richiede un continuo aggiornamento.
Nei prossimi giorni magari vi parlerò del contenuto di questo libro in una mia personale recensione ma nel frattempo, pensando a quanto mi piace leggere, mi è tornata in mente una domanda che spesso mi viene posta dai genitori: “Come faccio a convincere mio figlio ad aprire un libro? Non lo fa mai, neanche per scuola, non gli piace e non gli interessa!”
Secondo il mio personale parere, non si può convincere qualcuno ad appassionarsi alla lettura perché potrebbe diventare una forma di costrizione e si finisce con odiare ciò che si è costretti a fare. Chi non ricorda quanto venivano detestati i libri che si dovevano per forza leggere a scuola come l’Iliade e l’Odissea, I promessi Sposi e la Divina Commedia? Eppure sono testi meravigliosi, opere d’arte che però cominci a capire ed apprezzare solo da adulto.
Io credo che la passione per la lettura nasca dall’incontro!
Da incontri fortunati con persone appassionate che ti fanno scoprire questo mondo senza importelo. Quando penso ai miei libri preferiti che ho letto nel corso della mia vita, sono tutti associati a qualcuno che me li ha fatti scoprire e amare. Ricordo per esempio la mia maestra delle elementari che ci leggeva Pinocchio ed io con la mente immaginavo i personaggi e quel mondo fantastico. Ricordo quando ho ricevuto in regalo per Natale da una persona cara un libro di racconti di Natale. Ricordo il gruppo di teatro al liceo che mia ha fatto apprezzare autori come Shakespeare e Pirandello.
Non sempre gli incontri sono fortunati perché si può incappare in libri che non ti piacciono, a me è successo qualche volta, ma in questo modo si impara a sviluppare il proprio gusto personale ed è comunque sempre utile allargare i propri orizzonti.
Insomma per appassionarsi alla lettura credo sia importante avere intorno sin dai primi giorni di vita persone che abbiano quella passione, quella curiosità, quella voglia di conoscere che ti spinge a prendere in mano un libro. E’ altrettanto importante che siano solo un esempio, un modello di comportamento da seguire, evitando qualsiasi forma di imposizione o costrizione con chi non ha ancora maturato un interesse per la lettura.
Con me questo sistema ha funzionato, spero succeda lo stesso anche a voi. Fatemi sapere in caso. Per oggi mi fermo qui ma vi raccomando….restate connessi!!!
Ciao a tutti, oggi vorrei riprendere alcune parti di un mio passato articolo per ricordare a tutti quanto lo sport faccia bene non solo alla nostra salute fisica ma anche a quella mentale.
Come sapete il nuovo DPCM del 25/10/2020 per contrastare l’emergenza da Covid-19 ha imposto la chiusura di piscine e palestre a meno che non svolgano attività riabilitative. Questa disposizione ovviamente colpisce tutti coloro che lavorano nel settore e tutti coloro che praticano sport a qualunque livello.
Conosco tante persone che lavorano in ambito sportivo, visto che ci ho lavorato anch’io per tanto tempo e il mio abbraccio virtuale e il mio sostegno ce l’hanno tutto. Il loro ruolo è importantissimo anzi fondamentale per la salute delle persone come spiegherò di seguito e spero quindi che possano presto tornare ad esercitare la loro professione.
Invito invece tutti coloro che praticano attività sportiva e non smettere nonostante questa nuova chiusura e a trovare una soluzione alternativa come una camminata, un giro in bici, delle lezioni online nel salotto di casa o qualche esercizio in giardino. Fate quello che preferite ma non fermatevi per i motivi che ora andrò a spiegarvi.
Avete mai sentito parlare di endorfine? Le endorfine sono delle sostanze chimiche che vengono rilasciate nel nostro cervello in particolari circostanze e che hanno il potere di regolare diverse cose tra cui il senso di benessere ed appagamento. Infatti le endorfine sono dotate di una potente attività analgesica (leniscono il dolore) ed eccitante. L’aspetto più interessante consiste nel fatto che le endorfine hanno la capacità di regolare l’umore. Durante situazioni particolarmente stressanti il nostro organismo rilascia endorfine che da un lato aiutano a sopportare meglio il dolore e dall’altro influiscono positivamente sullo stato d’animo. Le endorfine hanno dunque la capacità di regalarci piacere, gratificazione e felicità aiutandoci a sopportare meglio lo stress e alzando il tono del nostro umore. Capite bene che in questo periodo in cui la nostra vita è limitata per tanti versi e il tono dell’umore può quindi subire delle forti inflessioni, aumentare il rilascio di endorfine nel nostro corpo può essere un grande aiuto.
Ed è qui che s’inserisce l’attività sportiva perché il rilascio di endorfine aumenta sensibilmente in risposta all’esercizio fisico! Ciò significa che praticare un’attività fisica a un’intensità medio-alta può produrre un miglioramento generale del tono dell’umore, una notevole riduzione delle sensazioni di ansia e di stress e un aumento della soglia di tolleranza al dolore e alla fatica. E tutti questi effetti benefici li possiamo sentire sia durante l’esercizio che dopo e per un certo tempo. Chiunque pratichi sport con regolarità lo può testimoniare. Entrando più nello specifico, sono state individuate le attività sportive più efficaci: sono le attività di tipo aerobico, svolte con regolarità almeno 2 o 3 volte a settimana, che non durino meno di mezz’ora a sessione, fatte di esercizi ripetitivi e ritmici.
In conclusione, anche se vorremmo tutti tornare a praticare lo sport che più ci appassiona, nei luoghi consueti e con le persone che amiamo e stimiamo, non possiamo fermarci e buttarci sul divanoin attesa che questa pandemia passi perché ne risentirebbe la nostra salute sotto ogni punto di vista. Alziamoci e muoviamoci in tutti i modi che ci sono concessi!
Io vi aspetto per un nuovo articolo tra qualche giorno e nel frattempo……restate connessi!