Mens sana in corpore sano!

OVVERO QUANDO LE ENODRFINE MIGLIORANO IL NOSTRO BENESSERE FISICO MA ANCHE MENTALE.

vivicittà padova 2018

Ieri ho partecipato con degli amici ad una marcia non competitiva nella mia città e questa occasione mi ha dato lo spunto per parlarvi di come lo sport faccia bene non solo alla nostra salute fisica ma anche a quella mentale.

Lo sappiamo tutti che fare sport fa bene alla salute, no?!
Ce lo ripetono tutti da tempo: medici, dietologi, biologi, nutrizionisti, allenatori e chiunque si occupi di salute e benessere. E hanno ragione perchè ci sono innumerevoli ricerche mediche che lo dimostrano. Per esempio sono noti i benefici dell’attività fisica sul sistema cardio-circolatorio.
In pratica ciò che ci viene ripetuto continuamente è: se vuoi essere in salute fai una dieta equilibrata, fai esercizio fisico regolare e niente vizi e stra-vizi!!!

Bene, assodato che lo sport fa bene alla salute, la mia domanda è un’altra: lo sport fa bene anche alla salute mentale? Beh, la mia risposta si racchiude in una parola sola: endorfine!

Ne avete mai sentito parlare? Probabilmente sì, ma vi spiego comunque.
Le endorfine sono delle sostanze chimiche che vengono rilasciate nel nostro cervello in particolari circostanze (poi scopriremo quali) e che hanno il potere di regolare diverse cose: il ciclo mestruale, la secrezione di altri ormoni, il controllo dell’appetito e dell’attività gastrointestinale, la termoregolazione, la regolazione del sonno e il senso di benessere ed appagamento che insorge al termine di un rapporto sessuale.
Ed è soprattutto quest’ultimo effetto che ci interessa particolarmente perché le endorfine sono dotate di una potente attività analgesica (cioè leniscono il dolore) ed eccitante.

L’aspetto più interessante per noi consiste nel fatto che le endorfine hanno la capacità di regolare l’umore. Durante situazioni particolarmente stressanti il nostro organismo rilascia endorfine che da un lato aiutano a sopportare meglio il dolore e dall’altro influiscono positivamente sullo stato d’animo. Le endorfine hanno dunque la capacità di regalarci piacere, gratificazione e felicità, aiutandoci a sopportare meglio lo stress.

Qualche riga più indietro vi ho anticipato che ci sono diversi metodi per stimolare la produzione di endorfine. Uno l’avete già capito: l’attività sessuale! Ma non solo, in generale innamorarsi e amare qualcuno aumenta la produzione di endorfine attraverso semplici comportamenti come abbracciarsi, baciarsi, accarezzarsi o il semplice fantasticare sul nostro lui o lei.
Esistono poi degli alimenti come il cioccolato nero e il peperoncino che sembrano influire nello stesso senso.

Ma non sono qui per promuovere l’assunzione di cioccolato, anche se personalmente ne faccio un discreto uso, quanto per mettervi a conoscenza del fatto che il rilascio di endorfine aumenta sensibilmente in risposta all’esercizio fisico! Ciò significa che praticare un’attività fisica a un’intensità medio-alta può produrre un miglioramento generale del tono dell’umore, una notevole riduzione delle sensazioni di ansia e di stress e un aumento della soglia di tolleranza al dolore e alla fatica. E tutti questi effetti benefici li possiamo sentire sia durante l’esercizio che dopo e per un certo tempo. Chiunque pratichi sport con regolarità lo può testimoniare.

Ma posso essere ancora più specifica perché sono state individuate le attività sportive che stimolano di più la produzione di endorfine: le attività di tipo aerobico come corsa, nuoto, aerobica e affini, ciclismo, acquagym e hydrobike e così via. Scegliete quindi quella che più vi piace ma ricordatevi che l’efficacia maggiore si ottiene se l’attività sportiva è fatta di esercizi ritmici e ripetitivi, viene svolta con regolarità almeno 2 o 3 volte a settimana, per non meno di mezz’ora a sessione e soprattutto ci si possa divertire!!!

Come gestire un bambino ADHD in classe?!

7 CONSIGLI UTILI PER GLI INSEGNANTI.

insegnante a scuola

Il dott. Russel Barkley, nell’ambito della sua relazione al Convegno Internazionale sull’ADHD, ha voluto dare alcune indicazioni agli insegnanti che si trovano in classe bambini con un Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività, in modo che possano comprendere maggiormente questo disturbo e pianificare in modo adeguato il loro lavoro.
Ecco quindi elencati i 7 principi proposti dal dott. Barkley:

1. Prima di tutto è importante capire che l’ADHD è un disturbo della regolazione delle funzioni esecutive, ossia un disturbo dello sviluppo neuro-biologico e quindi và considerato come una disabilità permanente, non una scelta del bambino di comportarsi male. Se sì comprende questo principio allora ci si potrà attivare per operare tutti gli aggiustamenti necessari per compensare la disabilità del bambino. Da questo primo principio derivano i successivi.
2. L’ADHD interferisce con l’autoconsapevolezza, cioè il bambino non si rende conto di quello che sta facendo. Quando perde il controllo è quindi importante che sia l’insegnante a fermarlo e aiutarlo a diventare consapevole più di sé chiedendogli di descrivere cosa sta facendo e sentendo. Può essere utile creare dei report con elencati diversi comportamenti che il bambino può compilare alla fine di ogni lezione o giornata per valutare come si è comportato. Quando invece è riuscito ad eseguire un compito o una richiesta è molto utile filmarlo per poi mostrargli come si è comportato e rinforzare positivamente il suo comportamento in modo che lo possa ripetere.
3. Il bambino con ADHD ha difficoltà ad inibire certi comportamenti, può quindi essere utile concordare con lui un suggerimento o un gesto che gli faccia capire di fermarsi e guardarsi intorno molto attentamente. Un esempio in tal senso è la tecnica della tartaruga. Quando l’insegnante dice la parola tartaruga il bambino deve comportarsi come una tartaruga, quindi ritrarre le zampe dentro il guscio, guardarsi bene intorno, osservando lentamente e attentamente cosa succede nell’ambiente e pensare bene cosa deve fare.
4. L’ADHD è una disfunzione della memoria di lavoro perciò dobbiamo aiutare il bambino a ricordare le cose che gli abbiamo chiesto utilizzando ad esempio liste, post-it, calendari o segnali convenzionali. Non sembra essere molto utile la tecnologia, come gli smartphone, perché il bambino o il ragazzo con adhd tendono a dimenticarli, a dimenticarsi di ricaricarli, a dimenticarsi di impostarli. Sono molto più utili gli strumenti materiali, oggetti fisici come quelli sopra elencati.
5. Chi soffre di ADHD ha molte difficoltà nell’automotivazione, per questo motivo spesso si annoia o non si interessa ad un compito. E’ necessario quindi rendere la motivazione fisica e reale, trovare un premio tangibile e interessante che motivi il bambino ad eseguire le nostre istruzioni.
6. Il bambino con ADHD non sa regolare le sue emozioni che possono quindi essere molto forti e provocare reazioni impulsive e inappropriate. Può essere utile in questo caso trovare uno spazio tranquillo dove il bambino possa calmarsi e concordare delle autoistruzioni che possa ripetere a sé stesso per calmarsi. Anche in questo caso fare un video al bambino quando riesce a calmarsi e mostrarglielo sottolineando la sua bravura, può essere un rinforzo positivo perché ripeta quello stesso comportamento anche in altre occasioni.
7. Chi soffre di ADHD non sa pianificare e risolvere i problemi perché non sa manipolare le informazioni. Il problem solving di solito si basa su un gioco mentale ma se riusciamo a trasformare questo gioco in qualcosa di fisico e concreto, per esempio usando degli oggetti come delle biglie colorate, allora ci può riuscire.

Spero che queste poche indicazioni possano essere utili a chi a scuola si occupa di bambini o ragazzi con ADHD. Lo scopo principale è far conoscere bene questo disturbo perché se lo si comprende per quello che è allora si può aprire la strada alle soluzioni giuste.

A cura del dott. Russell A. Barkley, Ph.D. intervenuto al Convegno Internazionale “ADHD e Disturbi Dirompenti del Comportamento”.

Il Dott. Brakley è un’autorità riconosciuta nel campo del Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività nei banbini e negli adulti. Ha dedicato la sua carriera a diffondere informazioni scientifiche sull’ADHD. E’ un professore di psichiatria del Centro per il trattamento dei bambini della Virginia e del Centro medico universitario dell Virginia.

Intervista a Radio Verona della dr.ssa Pinton Michela sul DOC

In questa intervista si parla della differenza tra psicologia e psicoterapia e del Disturbo Ossessivo Compulsivo.

In particolare vengono descritti i sintomi che caratterizzano il DOC, la sofferenza psicologica causata dal disturbo e le possibilità di cura.

Se avete dubbi, domande o riflessioni scrivete un commento oppure contattateci.

Buona visione!