NUOVE TECNOLOGIE: COME STANNO CAMBIANDO LA NOSTRA MEMORIA?

In questi giorni di isolamento domiciliare ci stiamo accorgendo tutti di quanto la tecnologia ci stia aiutando a mantenere i contatti con il resto del mondo, a tenerci informati, a continuare il nostro lavoro sebbene in modo diverso pertanto vorrei continuare a parlavi di come l’uso delle tecnologie possono modificare il funzionamento del nostro cervello. Oggi vi parlerò della memoria e per introdurre l’argomento ho scelto una canzone di Caparezza dal titolo suggestivo “Migliora la tua memoria con un clic”.

Innanzitutto credo sia utile dare una sintetica definizione della Memoria: un magazzino in cui si possono conservare tracce della nostra esperienza passata e a cui possiamo attingere per affrontare le situazioni di vita presente o futura.  La memoria è sia statica e passiva come un archivio che attiva nella sua modalità di funzionamento perché ricostruisce rappresentazioni del mondo. Le fasi del processo di memorizzazione sono: 1. la codifica dell’informazione per le sue caratteristiche; 2. il consolidamento del ricordo e la ritenzione; 3. il recupero dell’informazione e del ricordo.

Se avete ascoltato la canzone che ho postato vi sarete accorti che parla di come le nuove tecnologie stanno influenzando la nostra memoria.Provo quindi a partire dal ritornello “Perdi i colpi, và così ma già migliora la tua memoria con clic….” per provare a fare delle riflessioni su questo argomento.

Effettivamente da quando possiamo utilizzare le nuove tecnologie abbiamo sempre di più “subappaltato” alla rete la nostra memoria. Smartphone e tablet sono diventati per noi una sorta di “hard disk” esterno infinito e sempre accessibile.

Ma cosa succede se questo hard disk esterno diventa inaccessibile per qualsiasi motivo, per esempio perché lo perdiamo, si rompe o è scarico?

E’ Difficile fare un bilancio preciso dei costi e dei benefici di questo sistema ma tenterò di elencarne qualcuno.

Alcuni benefici che possiamo trarre per la nostra memoria dalle nuove tecnologie sono:

  • La possibilità di immagazzinare molti più elementi rispetto al passato perché internet è più ampio, attendibile e rapido della memoria umana. Pensiamo per esempio ad informazioni come i numeri di telefono, le password e mail che nel mondo complesso di oggi sono importanti da ricordare. Tutte queste dettagliate e numerose informazioni ci costerebbero tempo e fatica se le dovessimo tutte memorizzare, invece la tecnologia sopperisce a questo bisogno crescente di memoria che abbiamo;
  • Il bisogno di ricordare informazioni semplici e dettagliate richiede cicli di attenzione e memorizzazione più brevi e minore dispendio di energie, liberando così risorse cognitive che possiamo sfruttare altrove;
  • La possibilità di conservare e salvare innumerevoli opere dalla degradazione grazie alla digitalizzazione, pensiamo per esempio alla musica, al cinema, alle opere d’arte, alla letteratura e così via;
  • Lo sviluppo della memoria collettiva, cioè della capacità di fare le cose insieme, come ad esempio la ricerca. Abbiamo sviluppato un’interdisciplinarità dei saperi prima impensabile, che ci ha condotto a condividere informazioni, conquiste, problematiche tra settori, campi e ambienti un tempo separati, producendo un avanzamento significativo dell’intero sistema.

E ora passiamo ai costi dell’utilizzo delle nuove tecnologie rispetto alla nostra memoria:

  • Uno studio condotto dall’Università di Stanford ha dimostrato che l’impegno costante dell’encefalo in molteplici attività intellettive, il cosidetto multitasking, danneggia la memoria a breve e lungo termine e ci induce a dimenticare perché viene meno quell’esercizio costante di memorizzazione che mantiene la mente predisposta alla memorizzazione;
  • Si può sviluppare un’alterazione della capacità di distinguere le informazioni importanti da quelle futili, di distinguere tra una notizia vera e una falsificazione, di giudicare la correttezza delle fonti, di decidere cosa conservare in memoria e cosa no. Umberto Eco rispetto a questo limite ha detto: “Internet è come una sterminata biblioteca senza filtraggio. La virtù delle biblioteche non è soltanto quella di conservare la memoria, ma di buttare via quello che a una cultura non serve”;
  • Stiamo via via perdendo la capacità di organizzare le conoscenze in modo visivo, lineare, complessivo e sequenziale, tipica dell’era pre-digitale che ci permetteva una conoscenza più organica.
  • Si sta sviluppando sempre di più l’amnesia digitale, che consiste nel ricordare il modo e lo spazio dove recuperare un’informazione, piuttosto che l’informazione stessa.

Se vogliamo quindi tirare le somme di questo bilancio costi-benefici possiamo dire che in pratica le nostre tecniche di memorizzazione stanno cambiando per essere più funzionali a ciò che dobbiamo ricordare. Se ciò sia un bene o un male ancora non lo possiamo sapere, fate voi le vostre considerazioni. Non mi resta che dire quindi che dire “ai posteri l’ardua sentenza”!

A presto con un altro post su questo tema. Stay tuned!

Dr.ssa Pinton Michela

3 possibili conseguenze dell’uso delle nuove tecnologie sui nativi digitali.

Riflessioni sulla puntata del 15/10/2018 di Presa Diretta: Iperconnessi!

Viviamo nell’era digitale e siamo costantemente connessi alla rete attraverso l’uso dei devices: smartphone, tablet e pc. E’ un fenomeno generalizzato e inarrestabile oramai, ma ci siamo mai fermati a riflettere seriamente sull’impatto che ha questo nuovo stile di vita, in particolare sui giovani d’oggi, quelli che vengono definiti i nativi digitali?

Sabato scorso mi sono imbattuta in una interessante inchiesta di Presa Diretta sulle conseguenze dell’uso delle nuove tecnologie. Consiglio a tutti di vedere l’intera puntata per capire le conseguenze di questo fenomeno sul funzionamento del nostro cervello. Tuttavia ho deciso di proporvi solo un breve passaggio dell’intero video per riflettere con voi su cosa sta accadendo ai giovani di oggi.

Nell’intervista parlano un’insegnante di un liceo e, a seguire, una scrittrice che ha studiato il fenomeno nelle nuove generazioni. Se penso ai giovani con cui mi rapporto nell’ambito della mia professione, mio malgrado devo concordare con quanto raccontano. Quando lavoro a scuola con questa fascia d’età mi scontro con le stesse difficoltà: problemi di lettura, scrittura, comprensione del testo e non sto parlando di ragazzi con disturbi dell’apprendimento, ma di ragazzi normali.

Quando chiedo agli alunni di leggere un testo, la prima lamentela riguarda la lunghezza, anche se il testo non supera una facciata. Poi quando leggono, la lettura spesso risulta lenta, stentata, piena di errori. Già da questo si può capire che non sono abituati a leggere. Se chiedo quale sia la lettura preferita di solito la risposta è: nessuna. Non leggono. Ora non voglio sostenere che quando ero ragazza io si leggessero carrettate di libri, anzi. Credo che in ogni epoca siano rari i ragazzi che si appassionano alla lettura. Quando ero giovane si preferiva uscire a giocare con gli amici, oggi i ragazzi preferiscono chattare e navigare nella rete. Tuttavia qualcosa all’epoca mia si leggeva, fossero anche solo fumetti e libri per ragazzi e poi c’era la scuola che ti obbligava a leggere dei libri. La didattica scolastica contemporanea è cambiata e solo in qualche caso ho incontrato insegnanti che chiedono ancora la lettura di libri per intero. Molto più spesso gli alunni leggono solo brani o stralci di un testo. La didattica scolastica è diventata smart?

La scrittura: concordo sul fatto che ormai pochissimi scrivono usando il corsivo e la calligrafia, detta anche bella grafia, è rara. La punteggiatura non esiste e spesso vengono usati simboli o parole contratte nello stile dei messaggi, come ad esempio xkè, xò, cmq…. Non parlo neanche degli errori di ortografia. Leggere un testo scritto in questo modo diventa un’impresa estenuante per quanto tempo ci devi mettere a decifrarlo e a comprenderlo. Ogniqualvolta ho fatto notare ad un ragazzo la mia difficoltà nel leggere e comprendere un suo testo, sono stata guardata come un aliena e come se fosse colpa mia che non capivo. E’ come se questi ragazzi dessero per scontato che l’interlocutore li capisca e che quindi non sia necessario porsi il problema e impegnarsi per farsi capire.

La comprensione del testo credo sia la parte più deficitaria, tra tutte. Acquisire delle informazioni tramite ascolto o lettura, elaborarle e riuscire poi a riprodurle in un discorso di senso compiuto per molti sembra un compito estremamente difficile. Se l’attenzione dura ormai lo spazio di meno di un minuto è logico che le informazioni saranno scarse e frammentate ed è altrettanto logico che la riproduzione di quanto appreso si trasformi o nella sintesi, della sintesi, della sintesi di ciò che era in origine oppure in qualcosa di inventato perché integrato con altre informazioni presenti nella testa dei ragazzi. Il punto è che nessuno di questi esiti è buono. Non si può ridurre tutto ad un twitter o ad una fake news.

E vi siete chiesti cosa resta di queste informazioni in memoria? E sapete a cosa serve la memoria? Di questo ulteriore passaggio potrebbe essere utile riparlarne in maniera più approfondita. Per ora vi lascio riflettere sui 3 aspetti appena descritti, che mi sembra già molto. Non voglio lasciarvi con un’aria di pessimismo su questo argomento, perciò vi informo che ci sono tantissime ricerche in atto e che moltissimi esperti, tra medici, neuroscienziati, filosofi, psicologi e anche altri professionisti, si stanno adoperando per comprendere questo recente fenomeno e trovare delle soluzioni. Nel frattempo anche noi nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa per limitare i danni: possiamo informarci sulle conseguenze dell’uso dei dispositivi tecnologici, possiamo cercare di ridurre per quanto possiamo il tempo di esposizione ad essi, possiamo dedicarci ad attività alternative che ci consentano tempi più lenti e rilassati e che sviluppino capacità diverse del nostro cervello.