4 stili educativi e ansia in età evolutiva.

Continuando la rassegna di brevi video dal titolo “Pillole di psicologia”, oggi vi parlerò di quali sono i 4 stili educativi dei genitori che concorrono a mantenere alti livelli di ansia nei propri figli.

Buona visione e se avete domande o pareri da esprimere lasciate pure un vostro commento!

I disturbi d’ansia in età evolutiva.

I disturbi d’ansia in età evolutiva sono gli stessi dell’età adulta: fobie specifiche, disturbo d’ansia sociale, disturbo di panico, agorafobia. In età evolutiva però si aggiungono anche l’ansia da separazione e il mutismo selettivo.

In questo video vi parlerò appunto di questi due disturbi e delle loro principali caratteristiche. Buona visione!

https://www.youtube.com/watch?v=Ubf6Z-Y0_sc

L’educazione affettiva e sessuale a scuola.

Con questo post chiudo per ora l’argomento “I giovani e la sessualità” parlandovi di un tema che è sempre molto dibattuto: E’ utile parlare di sessualità a scuola o è meglio lasciare che questo argomento venga trattato in seno alla famiglia? Vediamo cosa ci dicono i dati di ricerca e le esperienze sul campo.

Quando i giovani vengono intervistati nella maggioranza dei casi raccontano di non parlare con i propri genitori dell’argomento sessualità. Le informazioni principalmente le ricavano dal confronto con i coetanei e al giorno d’oggi da internet. Ciò significa che questo argomento è ancora poco trattato nell’ambito familiare.

Cosa succede invece nelle scuole? Il dibattito sul fatto se sia opportuno trattare l’argomento sessualità in ambito scolastico è ancora presente anche se ricordo che già se ne discuteva quando andavo a scuola io …. un po’ di tempo fa! Oggi come allora il sesso sembra essere ancora un argomento tabù per cui quando viene proposto a scuola in molti casi si alza il coro dei genitori che, se non si oppone, almeno pone molti vincoli rispetto a cosa, come, quando  e quanto si spiegherà agli alunni. Inoltre spesso ci si dimentica che oltre all’educazione sessuale esiste anche quella affettiva che è tanto quanto se non più importante, ma che viene del tutto tralasciata. Risultato: l’educazione affettiva e sessuale in Italia non essendo materia obbligatoria come in altri paesi europei, viene inserita nei piani scolastici solo in alcune scuole e solo con brevi progetti di prevenzione. Di conseguenza le conoscenze dei giovani italiani sono ancora molto scarse su questo tema.

Eppure l’educazione affettiva e sessuale dovrebbe essere parte integrante dell’educazione alla salute in generale, che è un diritto di tutti i cittadini. Dovrebbe essere obbligatoria, di qualità elevata e dovrebbe comprendere piani educativi che permettano di aumentare le conoscenze e trasformarle in competenze. Su questo purtroppo siamo ancora molto lontani rispetto ad altri paesi. E’ importante quindi da parte di tutti i professionisti che si occupano di infanzia e adolescenza continuare a sensibilizzare l’opinione comune su questo argomento. Nel mio piccolo è ciò che cerco di fare dando qualche informazione in più e continuando a lavorare con i giovani, con le loro famiglie e con le scuole.

Adolescenza e sessualità: l’identità di genere.

Come promesso pubblico uno stralcio di video che parla dell’identità di genere e degli stereotipi connessi, dalla nascita all’età adulta. Questo video si connette al mio precedente post sull’identità di genere che vi invito a leggere se non l’avete già fatto.

Credo possa essere un buon spunto di riflessione su quanto la famiglia, la società e la cultura di appartenenza possono influenzare e a volte condizionare lo sviluppo naturale della propria identità. Buona visione.

* Il video originale è stato creato da generazionedisadattata.altervista.org ed è pubblicato sul canale youtube.

3 possibili conseguenze dell’uso delle nuove tecnologie sui nativi digitali.

Riflessioni sulla puntata del 15/10/2018 di Presa Diretta: Iperconnessi!

Viviamo nell’era digitale e siamo costantemente connessi alla rete attraverso l’uso dei devices: smartphone, tablet e pc. E’ un fenomeno generalizzato e inarrestabile oramai, ma ci siamo mai fermati a riflettere seriamente sull’impatto che ha questo nuovo stile di vita, in particolare sui giovani d’oggi, quelli che vengono definiti i nativi digitali?

Sabato scorso mi sono imbattuta in una interessante inchiesta di Presa Diretta sulle conseguenze dell’uso delle nuove tecnologie. Consiglio a tutti di vedere l’intera puntata per capire le conseguenze di questo fenomeno sul funzionamento del nostro cervello. Tuttavia ho deciso di proporvi solo un breve passaggio dell’intero video per riflettere con voi su cosa sta accadendo ai giovani di oggi.

Nell’intervista parlano un’insegnante di un liceo e, a seguire, una scrittrice che ha studiato il fenomeno nelle nuove generazioni. Se penso ai giovani con cui mi rapporto nell’ambito della mia professione, mio malgrado devo concordare con quanto raccontano. Quando lavoro a scuola con questa fascia d’età mi scontro con le stesse difficoltà: problemi di lettura, scrittura, comprensione del testo e non sto parlando di ragazzi con disturbi dell’apprendimento, ma di ragazzi normali.

Quando chiedo agli alunni di leggere un testo, la prima lamentela riguarda la lunghezza, anche se il testo non supera una facciata. Poi quando leggono, la lettura spesso risulta lenta, stentata, piena di errori. Già da questo si può capire che non sono abituati a leggere. Se chiedo quale sia la lettura preferita di solito la risposta è: nessuna. Non leggono. Ora non voglio sostenere che quando ero ragazza io si leggessero carrettate di libri, anzi. Credo che in ogni epoca siano rari i ragazzi che si appassionano alla lettura. Quando ero giovane si preferiva uscire a giocare con gli amici, oggi i ragazzi preferiscono chattare e navigare nella rete. Tuttavia qualcosa all’epoca mia si leggeva, fossero anche solo fumetti e libri per ragazzi e poi c’era la scuola che ti obbligava a leggere dei libri. La didattica scolastica contemporanea è cambiata e solo in qualche caso ho incontrato insegnanti che chiedono ancora la lettura di libri per intero. Molto più spesso gli alunni leggono solo brani o stralci di un testo. La didattica scolastica è diventata smart?

La scrittura: concordo sul fatto che ormai pochissimi scrivono usando il corsivo e la calligrafia, detta anche bella grafia, è rara. La punteggiatura non esiste e spesso vengono usati simboli o parole contratte nello stile dei messaggi, come ad esempio xkè, xò, cmq…. Non parlo neanche degli errori di ortografia. Leggere un testo scritto in questo modo diventa un’impresa estenuante per quanto tempo ci devi mettere a decifrarlo e a comprenderlo. Ogniqualvolta ho fatto notare ad un ragazzo la mia difficoltà nel leggere e comprendere un suo testo, sono stata guardata come un aliena e come se fosse colpa mia che non capivo. E’ come se questi ragazzi dessero per scontato che l’interlocutore li capisca e che quindi non sia necessario porsi il problema e impegnarsi per farsi capire.

La comprensione del testo credo sia la parte più deficitaria, tra tutte. Acquisire delle informazioni tramite ascolto o lettura, elaborarle e riuscire poi a riprodurle in un discorso di senso compiuto per molti sembra un compito estremamente difficile. Se l’attenzione dura ormai lo spazio di meno di un minuto è logico che le informazioni saranno scarse e frammentate ed è altrettanto logico che la riproduzione di quanto appreso si trasformi o nella sintesi, della sintesi, della sintesi di ciò che era in origine oppure in qualcosa di inventato perché integrato con altre informazioni presenti nella testa dei ragazzi. Il punto è che nessuno di questi esiti è buono. Non si può ridurre tutto ad un twitter o ad una fake news.

E vi siete chiesti cosa resta di queste informazioni in memoria? E sapete a cosa serve la memoria? Di questo ulteriore passaggio potrebbe essere utile riparlarne in maniera più approfondita. Per ora vi lascio riflettere sui 3 aspetti appena descritti, che mi sembra già molto. Non voglio lasciarvi con un’aria di pessimismo su questo argomento, perciò vi informo che ci sono tantissime ricerche in atto e che moltissimi esperti, tra medici, neuroscienziati, filosofi, psicologi e anche altri professionisti, si stanno adoperando per comprendere questo recente fenomeno e trovare delle soluzioni. Nel frattempo anche noi nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa per limitare i danni: possiamo informarci sulle conseguenze dell’uso dei dispositivi tecnologici, possiamo cercare di ridurre per quanto possiamo il tempo di esposizione ad essi, possiamo dedicarci ad attività alternative che ci consentano tempi più lenti e rilassati e che sviluppino capacità diverse del nostro cervello.