questo contributo basato sull’intervento del Dott. P. Fonagy al trentennalle dell’Ordine Psicologhe e Psicologi del Veneto. Da qualche tempo sempre più esponenti di rilievo della psicologia sono concordi nell’affermare che concetti come condivisione, cooperazione, collaborazione possono essere la chiave di svolta pre ritrovare salute e benessere nella società di oggi. Non possiamo non condividere questo pensiero e non applicarlo nella nostra professione quotidianamente. Speriamo lo condividiate anche voi. Rerstate connessi!!!
Oggi niente articoli “didattici” su qualche argomento di
psicologia come faccio di solito ma vorrei condividere con voi solo qualche
riflessione che mi è capitata di fare qualche giorno fa.
Sono una psicologa “itinerante”. Chi di voi mi conosce, sa
che lavoro su due città (in passato anche su 3 e 4), Padova e Verona e quindi
mi capita di passare molto tempo in macchina. L’altro giorno mi trovavo appunto
sull’A4 tra Verona e Padova quando alla
radio ho sentito la canzone “Mi fido di te” di Jovanotti.In particolare la mia mente si è soffermata su questa verso: “La vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare. Mi fido di te. Mi fido di te. Mi fido di te. Cosa sei disposto a perdere?”Su questa frase mi è partito un trip di pensieri che, per palese deformazione professionale, ho accostato al mio lavoro e visto che riguardava concetti di psicologia che possono essere utili a tutti, ho pensato di condividerli con voi.
Per ogni frase di
questo verso ho fatto delle considerazioni diverse ma che rientrano tutte nel
tema: come si può affrontare l’ansia?
Prendiamo la prima frase: “La vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare”.Non ho inteso questa frase in senso letterale quindi non parlerò delle vertigini come sintomo fisico. In questa frase ci ho visto un altro significato, ossia la possibilità che abbiamo tutti di vedere le cose da un altro punto di vista. Non avete idea di quanto sia importante nel trattamento dell’ansia aiutare le persone a sviluppare un pensiero alternativo rispetto alle proprie convinzioni. E’ un aspetto molto importante uscire dal proprio punto di vista e prendere in considerazione altre possibilità. Se si sviluppa questa capacità è possibile interpretare anche ciò che ci fa più paura in modo diverso e forse meno ansiogeno. Così anche la “vertigine” che rappresenta qualcosa che solitamente fa molta paura può essere interpretata invece come una spinta a buttarsi nelle cose, a correre il rischio. Correre il rischio……..ecco un altro concetto chiave quando si tratta l’ansia ma ve ne parlo più tardi.
Passiamo alla seconda frase: “Mi fido di te”.Del tema della fiducia nella mia professione vi avevo già parlato in quel ciclo di articoli su chi è e cosa fa lo psicologo. Se avete voglia potete andare a rileggerli. In ogni caso confermo il concetto che è importante per il paziente fare un atto di fiducia verso lo psicologo a cui si è rivolto, confidando nel fatto che lo possa aiutare. E’ giusto e opportuno verificare che il professionista in questione abbia tutte le carte in regola, laurea, abilitazione ed eventuale specializzazione ma bisogna tener conto che spesso un percorso terapeutico richiede tempo e che i risultati quindi non possono essere immediati. Per questo motivo si tratta di fare, per un certo tempo, atto di fiducia verso chi si è impegnato ad aiutare. Si tratta di affidarsi allo psicologo esattamente come ci si affida ad un medico, essendo convinti che si potrà ricevere un aiuto e che col tempo si risolverà il proprio problema.
Anche la fiducia comporta però un quota di rischio e così
arrivo all’ultima parte del verso di Jovanotti: “Cosa sei disposto a perdere?”Il rischio è proprio questo, avere la consapevolezza che si
può perdere qualcosa. Uno dei grandi
problemi delle persone ansiose è che non sono disponibili ad accettare neanche
una percentuale minima di rischio. L’ansia aumenta anche per questo motivo.
Se non si accetta nemmeno una quota di
rischio di sbagliare, di perdere, di soffrire restano solo due possibilità: evitare di esporsi a qualsiasi
rischio oppure cercare di controllare
tutto. Nel primo caso se non esporsi al rischio abbassa l’ansia ma
probabilmente si perdono tante occasioni come ad esempio avere una relazione
sentimentale, fare carriera, superare un esame e così via. I grandi scopi della
nostra vita ma anche i piccoli obiettivi, insomma tutto ciò che possiamo
desiderare o di cui abbiamo bisogno comprendono sempre la possibilità di non
riuscirci. Nel secondo caso si tende a controllare tutto non rendendosi conto
del dispendio di tempo ed energie che ciò comporta e soprattutto del fatto che
non è possibile controllare tutto. E’ un tentativo fallimentare in partenza.
Oltre all’ansia di riuscire a controllare tutto poi si aggiunge la delusione di
non esserci riusciti e di nuovo si perde ciò che si era desiderato.
Compito dello
psicologo è aiutare le persone ansiose quindi ad accettare almeno una quota
minima di rischio in ogni cosa che vorrebbero fare o ottenere. Si tratta di trovare un equilibrio tra il
buttarsi confidando nelle proprie capacità e accettare i propri limiti, la
propria vulnerabilità e fallacità.
Quante cose ancora mi verrebbe da aggiungere su questo argomento ma mi rendo conto che ho scritto già tanto e vi sarò venuta anche a noia per cui per oggi mi fermo qui e magari riprenderò il discorso un’altra volta. Ho già in mente un’altra canzone su questo tema. A presto dunque e se volete commentare o fare domande non esitate!
Rassegna “Pillole di psicologia”. La dr.ssa Pinton Michela risponde alle domande del pubblico durante la serata “Ansia e Panico” e spiega per quali motivi è utile affidarsi ad uno psicoterapeuta. Buona visione!
Per la rassegna “sfatiamo vecchi pregiudizi” siamo arrivati ad uno che mi preme davvero molto: “nessuno può capire il mio dolore!”. Ci tengo molto a discutere questa credenza perché non farlo significherebbe dire a tante persone che soffrono o che hanno un problema che non si può far nulla per loro, che non è possibile aiutarle e questo oltre che falso sarebbe dannoso.
Sarebbe utile sapere da voi pubblico quali sono i motivi che portano ad una simile credenza. Forse non si è trovato qualcuno veramente capace di ascoltare o aiutare o forse si crede di avere un problema troppo grande o irrisolvibile. Io vi posso raccontare un episodio che mi è capitato durante una serata pubblica in cui parlavo di ansia e panico. Una persona tra il pubblico mi ha informato di essere affetto da attacchi di panico da molto tempo e mi ha chiesto se io avessi mai sofferto di attacchi di panico. Prima di rispondere ho chiesto come mail volesse avere questa informazione da me e la sua risposta è stata: “Perché se lei non ha sofferto di attacchi di panico, non può capire davvero come mi sento e non può sapere come aiutarmi!”
E’ stata sicuramente un’affermazione forte ed ho ritenuto fondamentale andare a fondo della questione. In prima battuta ho replicato così: “Quindi secondo il suo ragionamento io dovrei aver sofferto di tutti i disturbi mentali conosciuti per poter comprendere i miei pazienti ed esercitare bene la mia professione?”. Che ciò sta a dire che solo chi ha avuto esperienza diretta di un certo problema sa come risolverlo. Poi ho aggiunto: “Se questo è il suo pensiero allora dovrebbe chiedere ad un medico se ha sofferto di tutte le malattie presenti al mondo, dall’influenza al tumore, perché solo così saprebbe come curare le persone”. Ma è possibile una cosa del genere? Facciamo ai professionisti (non psicologi) a cui ci rivolgiamo questo tipo di domande prima di affidarci a loro? Ovviamente no!Di solito quando si decide di rivolgersi ad un professionista si cercano informazioni sulla sua formazione, sulla sua esperienza lavorativa in un certo campo e sul parere dei suoi assistiti.
Perché invece per la categoria psicologi questo non basta? Perché le persone si aspettano qualcosa di più? Credo che la questione stia tutta nella fiducia. Probabilmente ci sono ancora persone che hanno poca fiducia nella professione dello psicologo per timore o per scarsa informazione. In uno dei primi articoli ho spiegato quanto ancora ci sia da fare da parte della categoria per farsi conoscere e apprezzare come una reale possibilità di aiuto o di miglioramento delle condizioni di vita. Però credo serva anche un piccolo atto di fiducia da parte del pubblico, un provare a mettere in discussione le proprie idee e mettersi in gioco, esattamente come si farebbe se ci si dovesse rivolgere ad un nuovo dentista o idraulico o avvocato. In questi casi di solito ti informi se è bravo, da quanto lavora, quanto chiede, se i tuoi amici si sono trovati bene con lui e poi lo chiami e fissi un appuntamento. E se poi non si rivelasse all’altezza delle aspettative ne chiameresti un altro. Perché non fare la stessa cosa anche quando si deve scegliere uno psicologo? Di solito le persone che mi hanno contattato hanno fatto proprio così. Per concludere il discorso sulla fiducia vi racconto come si è conclusa la discussione con la persona di cui sopra. Alla fine ho risposto alla sua domanda e ho raccontato a tutto il pubblico in sala che effettivamente per un certo periodo della mia vita ho sofferto di attacchi di panico e che quindi potevo esattamente comprendere come si sentiva. D’altronde noi psicologi siamo esseri umani e pertanto non siamo esenti da momenti di difficoltà. Quando è successo mi sono rivolta anch’io ad un collega per farmi aiutare. Ho spiegato quindi al mio interlocutore che, sebbene io possa comprendere molto bene come si sentono le persone ansiose, questo fatto non mi rende necessariamente migliore di tanti altri miei colleghi che l’ansia non l’hanno mai avuta, perché le cose che contano nel nostro lavoro sono la preparazione, l’esperienza, l’empatia, la capacità di ascolto e tante tante altre cose che adesso non mi dilungo ad elencare. (Siccome l’empatia credo sia una capacità fondamentale per gli psicologi, sabato scriverò un approfondimento su questo tema.)
Ora vi saluto con un paio di domande: “Secondo voi il mio interlocutore si è sentito rassicurato dal fatto che io avessi sofferto di attacchi di panico come lui e quindi potessi capirlo? Secondo voi ha preso poi contatti con me per farsi aiutare?” Vediamo chi ha voglia di rispondere a questi miei quesiti. Nel frattempo vi auguro buona serata e ci sentiamo presto su questa “rete”.