La dr.ssa Pinton Michela risponde. Argomento: i comportamenti di autoerotismo nell’infanzia.

Ciao a tutti,

anche questa settimana vorrei proporvi la mia risposta ad una domanda che mi è arrivata qualche tempo fa via mail da una mamma preoccupata rispetto ai comportamenti di autoerotismo della figlia di 6 anni. Probabilmente vi starete chiedendo se anche i bambini piccoli possono avere comportamenti di autoerotismo e se possono provare piacere. Ebbene sì! Ma qual è il significato di questi comportamenti? Leggete il seguito e forse vi farete un’idea. Se poi vi va di aggiungere un vostro commento o fare qualche altra domanda, postate pure. Buona lettura e a presto.

“Buon giorno sono la mamma di A. Ho bisogno di comprendere un atteggiamento di mia figlia di 6 anni. Lei quando è stanca, o quando io e mio marito bisticciamo, cerca di fare “cavallino”, infatti adora andare a cavallo. Ciò che chiamo “cavallino” mi sembra un atteggiamento non di gioco, ma un massaggiare le parti intime. E’ normale, e cosa devo fare o dire quando lo fa? Mio marito si arrabbia con lei, io cerco di farla smettere distraendola. Cosa possiamo fare?”

Cara mamma di A.

Non è insolito che i bambini usino dei comportamenti di autoerotismo a scopo consolatorio e per sentirsi meglio, grazie alle sensazioni piacevoli che ne derivino. Pertanto eviterei sgridate o punizioni che la bambina non comprenderebbe. Sarebbe confusa dal vostro atteggiamento negativo perché si chiederebbe cosa sta facendo di male. In effetti non c’è nulla di sbagliato in questi comportamenti, vanno solo indirizzati meglio. Dovete fare in modo che vostra figlia capisca che anche i litigi fanno parte della vita di coppia e che non intaccano l’amore tra di voi e dovreste anche aiutarla a capire che si possono affrontare in modo diverso i momenti spiacevoli della vita, per esempio parlandone con le persone care ed esprimendo le proprie paure. E’ proprio questo che vostra figlia sta facendo: sta esprimendo un disagio. Tocca a voi aiutarla a trovare un modo migliore e più utile per esprimere le sue sensazioni e i suoi pensieri. Buona giornata.

Dr.ssa Michela Pinton

La dr.ssa Pinton Michela risponde. Argomento: l’attaccamento madre/bambino

Qualche tempo fa ho condotto una serata sul tema “L’attaccamento madre/bambino” e successivamente ho ricevuto una mail da una mamma che era presente in sala.Vorrei condividere con voi la domanda che mi è stata posta e la mia successiva risposta. Buona lettura e se avete commenti, riflessioni o ulteriori domande da condividere postate pure!

Buon pomeriggio Dottoressa,

in relazione all’argomento di ieri sera sull’attaccamento madre – figlio, visto gli studi e la possibile “catalogazione” dei comportamenti dei bambini durante il distacco dalla figura di riferimento, mi permetta una domanda personale. Ho due maschietti di 9 e 6 anni, con caratteri diametralmente opposti ma anche accomunati da una poca autostima di fondo e timidezza ma forse propria dell’età. L’inserimento all’asilo è stato diverso per entrambi: il primo ha pianto molto e non si è mai lasciato consolare da maestre ed educatrici, uscito dall’asilo voleva solo venire a casa e solo io potevo andare a portarlo e a riprenderlo a scuola, ma passato il primo periodo, il senso del dovere o non so se una maturità accentuata, ha portato Riccardo a fare sempre ogni cosa bene e con rigore senza più una lacrima restando sempre e (difficoltà anche a mangiare alla mensa, solo la mamma è brava a fare il pranzo diceva!) comunque a distanza da carezze e abbracci delle educatrici (diffidente di natura).

Il secondo, grande capriccioso e allattato al seno fino ai due anni e mezzo, grande dittatore se mi è concesso (ancora ora durane la notte viene nel lettone) ha iniziato l’asilo presto proprio per eliminare l’allattamento al seno, per mio rientro al lavoro e perché bambino con grande autocontrollo dei bisogni fisiologici richiesti per l’inserimento precoce alla scuola materna. Ho praticamente lasciato che il fratellino più grande mi aiutasse nel suo inserimento a scuola che tutto sommato non è stato costellato da pianti di disperazione come il primo. Ora Le chiedo perché, nonostante quest’ultimo figlio (Francesco) conosca bene l’ambiente, le suore, i compagni, ancora tenderebbe a piangere quando lo lascio la mattina a scuola e perché se tardo nell’andare a prenderlo piange e crede che la mamma si sia dimenticata di lui?

Nonostante il lavoro sono una mamma molto affettuosa e presente. Vorrei solo trovare il modo per rassicurarlo e farlo rilassare e anche maturare in vista anche della scuola elementare di settembre.

La ringrazio sinora se potrà darmi attenzione….

Con stima.

Gentile Sig.a,

le premetto che in poche righe di mail non è possibile inquadrare bene una situazione e di sicuro, non conoscendo bene né lei né i bambini, sarebbe poco professionale da parte mia dare delle soluzioni. Peraltro il mio compito non è quello di dare risposte e soluzioni alle persone ma aiutarle a comprendere meglio gli eventi di vita vissuti e individuare strategie efficaci per affrontarli e superarli. Di conseguenza quello che posso fare per rispondere alla sua mail è offrirle degli spunti di riflessione con la speranza che l’aiutino a vedere le cose da un punto di vista alternativo o che le suggeriscano una visione nuova del problema.

Leggendo ciò che mi ha scritto mi sono venute in mente alcune cose:

  1. riprendendo il discorso fatto al seminario i bambini nascono con delle caratteristiche di temperamento innate e specifiche ma, nel corso dello sviluppo, è l’interazione tra fattori genetici e fattori ambientali che forma il loro carattere e la loro personalità. Questo per farle capire che buona parte la giocano le interazioni con gli adulti di riferimento e le esperienze di vita vissuta;
  2. lei giustamente descrive i due bambini con caratteri molto diversi perché mostrano un temperamento e un modo di affrontare gli eventi diversi ma personalmente mi salta all’occhio il tratto comune che hanno, ossia la difficoltà a staccarsi da lei, ad opporre resistenza anche se con comportamenti differenti;
  3. mi dà da pensare il fatto che nonostante il trascorrere di un tempo lungo questi bambini vivano ancora con disagio il distacco da lei e non riescano ad ingaggiare relazioni d’attaccamento con le persone che si occupano di loro (maestre);
  4. mi viene infine questa domanda da farle…ma lei invece come vive il distacco dai suoi figli quando li porta a scuola e nel tempo che trascorre lontano da loro? E’ serena nell’affidarli alle cure delle maestre oppure no?

Forse la risposta a questa domanda potrebbe chiarire meglio la situazione e aprire la strada ad una soluzione. Spero di essere riuscita a spiegarmi. Qualora sentisse il bisogno di un colloquio, resto a sua disposizione.

Cordiali saluti

Dr.ssa Pinton Michela

mamma che tiene in braccio bambino neonato

4 stili educativi e ansia in età evolutiva.

Continuando la rassegna di brevi video dal titolo “Pillole di psicologia”, oggi vi parlerò di quali sono i 4 stili educativi dei genitori che concorrono a mantenere alti livelli di ansia nei propri figli.

Buona visione e se avete domande o pareri da esprimere lasciate pure un vostro commento!

I disturbi d’ansia in età evolutiva.

I disturbi d’ansia in età evolutiva sono gli stessi dell’età adulta: fobie specifiche, disturbo d’ansia sociale, disturbo di panico, agorafobia. In età evolutiva però si aggiungono anche l’ansia da separazione e il mutismo selettivo.

In questo video vi parlerò appunto di questi due disturbi e delle loro principali caratteristiche. Buona visione!

https://www.youtube.com/watch?v=Ubf6Z-Y0_sc

L’educazione affettiva e sessuale a scuola.

Con questo post chiudo per ora l’argomento “I giovani e la sessualità” parlandovi di un tema che è sempre molto dibattuto: E’ utile parlare di sessualità a scuola o è meglio lasciare che questo argomento venga trattato in seno alla famiglia? Vediamo cosa ci dicono i dati di ricerca e le esperienze sul campo.

Quando i giovani vengono intervistati nella maggioranza dei casi raccontano di non parlare con i propri genitori dell’argomento sessualità. Le informazioni principalmente le ricavano dal confronto con i coetanei e al giorno d’oggi da internet. Ciò significa che questo argomento è ancora poco trattato nell’ambito familiare.

Cosa succede invece nelle scuole? Il dibattito sul fatto se sia opportuno trattare l’argomento sessualità in ambito scolastico è ancora presente anche se ricordo che già se ne discuteva quando andavo a scuola io …. un po’ di tempo fa! Oggi come allora il sesso sembra essere ancora un argomento tabù per cui quando viene proposto a scuola in molti casi si alza il coro dei genitori che, se non si oppone, almeno pone molti vincoli rispetto a cosa, come, quando  e quanto si spiegherà agli alunni. Inoltre spesso ci si dimentica che oltre all’educazione sessuale esiste anche quella affettiva che è tanto quanto se non più importante, ma che viene del tutto tralasciata. Risultato: l’educazione affettiva e sessuale in Italia non essendo materia obbligatoria come in altri paesi europei, viene inserita nei piani scolastici solo in alcune scuole e solo con brevi progetti di prevenzione. Di conseguenza le conoscenze dei giovani italiani sono ancora molto scarse su questo tema.

Eppure l’educazione affettiva e sessuale dovrebbe essere parte integrante dell’educazione alla salute in generale, che è un diritto di tutti i cittadini. Dovrebbe essere obbligatoria, di qualità elevata e dovrebbe comprendere piani educativi che permettano di aumentare le conoscenze e trasformarle in competenze. Su questo purtroppo siamo ancora molto lontani rispetto ad altri paesi. E’ importante quindi da parte di tutti i professionisti che si occupano di infanzia e adolescenza continuare a sensibilizzare l’opinione comune su questo argomento. Nel mio piccolo è ciò che cerco di fare dando qualche informazione in più e continuando a lavorare con i giovani, con le loro famiglie e con le scuole.