Salve a tutti,
ecco la prima parte dell’intervista alla radio che la dr.ssa Michela Pinton ha registrato la scorsa settimana sul tema “Ansia e Psicoterapia”.
Buon ascolto e restate connessi!!!
Salve a tutti,
ecco la prima parte dell’intervista alla radio che la dr.ssa Michela Pinton ha registrato la scorsa settimana sul tema “Ansia e Psicoterapia”.
Buon ascolto e restate connessi!!!
Salve a tutti,
oggi pubblico un post un po’ insolito perché c’è una novità.
A quanto pare i miei video sull’ansia non sono arrivati solo a voi che mi leggete e guardate ma anche a qualcun altro. Volete sapere chi???
Sono stata invitata a Radio Storytime/CanaleItalia per parlare di ansia e psicoterapia!!!
Non posso mostrarvi gli interni degli studi o il girato dell’intervista adesso ma dovrebbe andare in onda tra un paio di giorni. Presto quindi vi comunicherò dove e quando la potrete ascoltare in versione integrale.
Nel frattempo…..restate connessi!!!
Dr.ssa Michela Pinton
Salve a tutti, ho da poco cominciato un ciclo di video che descrivono i vari disturbi d’ansia secondo il DSM5. Oggi vi parlerò del Mutismo Selettivo.
Il mutismo selettivo (MS) è un disturbo d’ansia caratterizzato dall’incapacità di parlare in determinate situazioni sociali nelle quali ci si aspetta che l’eloquio sia presente seppur questo si sia sviluppato normalmente e avvenga liberamente in altri contesti considerati familiari.
Il disturbo è diffuso prevalentemente in età infantile ma può essere presente anche in età adulta.
Il termine “selettivo” indica che il soggetto riesce ad esprimersi solo con determinate persone delle quali si fida e in alcune circostanze nelle quali si sente sereno (solitamente l’ambiente familiare) ma mostra difficoltà in ambienti sociali in cui non si sente a proprio agio.
La selezione degli interlocutori e il grado di persistenza sono variabili. Una remissione completa del disturbo è presente nella maggior parte dei casi, tuttavia possono permanere difficoltà comunicative e relazionali.
Le manifestazioni associate al mutismo selettivo possono includere eccessiva timidezza, paura di imbarazzo sociale, isolamento sociale e ritiro, clinging, tratti compulsivi, negativismo, accessi di collera o comportamenti lievemente oppositivi.
Diverse evidenze scientifiche identificano l’ansia come una delle caratteristiche principali all’interno del quadro clinico del disturbo. Per questo il DSM5 lo classifica tra i disturbi d’ansia.
I criteri diagnostici del mutismo selettivo sono:
A. Costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che si parli, nonostante si sia in grado di parlare in altre situazioni.
B. La condizione interferisce con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione sociale.
C. La durata della condizione è di almeno 1 mese.
D. L’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce, o non si è a proprio agio con il tipo di linguaggio richiesto dalla situazione sociale.
E. La condizione non è meglio spiegata da un disturbo della comunicazione e non si manifesta esclusivamente durante il decorso di altri disturbi.
Per oggi mi fermo qui ma vi parlerò ancora del Mutismo Selettivo nel mio prossimo video in cui mi soffermerò sul grado di diffusione e sui fattori di rischio. Nel frattempo…..restate connessi!!!
Dr.ssa Michela Pinton
Salve a tutti,
nel mio precedente video vi ho parlato del disturbo d’ansia da separazione e lo farò anche oggi aggiungendo quelli che possono essere i fattori di rischio e gli aspetti di comorbilità con il rifiuto scolare.
I fattori di rischio che contribuiscono alla manifestazione del disturbo includono una combinazione e interazione di aspetti biologici, cognitivi, genetici, ambientali, caratteriali e comportamentali. Alcuni esempi sono:
Infine spendo due parole sulla comorbilità tra il disturbo d’ansia da separazione e il rifiuto scolare. I bambini con disturbo d’ansia da separazione incontrano maggiori ostacoli a scuola rispetto agli altri. L’adattamento e la funzionalità relazionale a scuola sono per loro molto più difficili. In alcuni casi gravi, i bambini possono avere un comportamento distruttivo in classe o rifiutarsi del tutto di frequentare le lezioni. Si stima che quasi il 75% dei bambini col disturbo d’ansia da separazione mostri anche qualche segno di rifiuto scolare. I problemi a breve termine che derivano dal rifiuto scolastico comprendono scarse prestazioni scolastiche o declino nei risultati, alienazione dai compagni e conflitto con la famiglia.
Non mi dilungo oltre su questo argomento ma spero di essere stata esaustiva. Vi aspetto al prossimo video in cui vi parlerò del Mutismo Selettivo. Nel frattempo….restate connessi!!!
Dr.ssa Michela Pinton
Salve a tutti,
nel mio precedente video vi avevo elencato tutti i disturbi d’ansia classificati secondo il DSM5. Oggi vi parlerò nello specifico del disturbo d’ansia da separazione.
Ma prima di entrare nel merito è bene fare una premessa e una distinzione.
Il disturbo d’ansia da separazione non va confuso con la semplice ansia da separazione.
L’ansia da separazione è un normale stadio dello sviluppo che si presenta tra i primi mesi dell’infanzia e io due anni in bambini sani e senza problemi d’insicurezza. In questa fascia d’età i bambini cominciano a capire che l’altro e diverso da sé ma non hanno ancora sviluppato il concetto di tempo e quindi non capiscono che l’altro ritornerà dopo essersene andato. Per questo motivo possono manifestare ansia da separazione. Se si tiene conto di questo normare stadio evolutivo, è chiaro che non si può confermare una diagnosi di disturbo d’ansia da separazione prima dei 3 anni.
Il disturbo d’ansia da separazione ha le seguenti caratteristiche:
Di seguito vi elenco i criteri diagnostici per il disturbo d’ansia da separazione secondo il DSM5 e devono essere presenti per almeno 4 settimane nei bambini e negli adolescenti e per almeno 6 mesi negli adulti:
Per oggi mi fermo qui per non darvi troppe informazioni tutte insieme. Nel prossimo post vi parlerò dei fattori che contribuiscono al manifestarsi del disturbo d’ansia da separazione e di un caso specifico in cui si presenza, ovvero in comorbilità con il rifiuto scolare. E nel frattempo…….restate connessi!!!
Dr.ssa Michela Pinton
Salve a tutti,
continua la rassegna di video sul tema dell’ansia. Oggi cercheremo di capire quando l’ansia può essere un problema transitorio o un vero e proprio disturbo psicopatologico.
In un precedente video vi ho piegato che l’ansia può diventare un problema quando si manifesta con troppa frequenza, lunga durata, alta intensità o in modo sproporzionato rispetto all’evento che l’ha elicitata. Tuttavia se tutto questo si verifica per qualche giorno, settimana o mese e poi rientra nella norma allora si tratta solo di un problema transitorio.
Si tratta invece di un vero e proprio disturbo d’ansia quando sono presenti le seguenti caratteristiche:
1. L’ansia si presenta con maggiore frequenza, durata e intensità per più di sei mesi consecutivi;
2. L’ansia invalida uno o più ambiti della vita della persona (lavorativo, familiare, relazionale….).
Considerando questi aspetti è possibile fare una prima valutazione per stabilire se si sta manifestando un disturbo d’ansia o solo un problema transitorio. In ogni caso il mio consiglio è di rivolgersi ad un professionista, psicologo o psicoterapeuta, che possa fare una vera e propria valutazione diagnostica.
A presto con un nuovo video sull’ansia e come sempre…..restate connessi!!!
Dr.ssa Michela Pinton
Salve a tutti,
eccoci con un nuovo video sull’emozione ansia. Dopo aver descritto nei video precedenti cosa sono le emozioni e in particolare la paura e l’ansia, oggi cercheremo di chiarire quando l’ansia può diventare un problema.
I criteri per cui l’ansia può diventare un problema sono diversi e sono validi anche per le altre emozioni. Ma andiamo ad elencarli.
L’ansia può diventare un problema quando:
A questo punto, se pensate di avere un problema con l’ansia provate a considerare questi criteri. Se uno o più sono presenti allora c’è un problema nella regolazione di questa emozione e se tali criteri sono presenti da più di 6 mesi potrebbe anche presente un disturbo correlato all’ansia.
In entrambi i casi vi invito a rivolgervi ad uno psicoterapeuta che possa valutare insieme a voi l’entità del problema.
A presto con un nuovo video sul tema dell’ansia e come sempre…..restate connessi!!!
Dr.ssa Michela Pinton
Salve a tutti,
come preannunciato, ecco il primo video del ciclo “I disturbi d’ansia”, solo che prima di addentrarci nell’argomento ansia, credo sia più opportuno partire da un’introduzione un po’ più generale sulle emozioni.
Oggi quindi vi parlerò dei miti che circolano sulle emozioni.
Parlando con le persone spesso mi rendo conto che hanno delle credenze e convinzioni particolari sulle emozioni proprie e altrui, a volte bizzarre, a volte del tutto irrazionali. In generale riscontro una tendenza a giudicare le emozioni, che quindi vengono etichettate come positive o negative, giuste o sbagliate, pericolose o dannose, utili o inutili.
Le domande allora che mi vengono in mente e che vorrei porvi sono: “Le emozioni sono davvero così?”, “È giusto giudicare le emozioni?” e “Quali sono i giudizi più comuni sulle emozioni?”
Proverò a farvi un elenco dei miti sulle emozioni che sono più frequenti e diffusi e per oggi vi chiedo solo di appuntarvi quelli che qualche volta avete pensato anche voi oppure quelli in cui credete fermamente.
I miti sulle emozioni più comuni sono questi:
“Che ne pensate? Dite la verità avete riconosciuto qualche pensiero che avete fatto anche voi? Ve lo siete appuntato?”
Se così fosse, non vi preoccupate perché, come vi ho detto, è piuttosto comune fare di questi pensieri. Tuttavia è bene stabilire se questi pensieri siano attendibili e siano utili.
Nei prossimi video prenderò in esame qualcuno di questi miti e proverò a rispondere alle domande che ho posto in apertura. Nel frattempo provate a pensarci anche voi e come sempre…restate connessi!!!
Dr.ssa Michela Pinton
Pillole di conoscenza a cura delle dr.ssa Michela Pinton
Salve a tutti,
per chi ancora non mi conosce ancora, sono la dr.ssa Michela Pinton. Sono una psicologa e una psicoterapeuta cognitivo comportamentale.
Lavoro a Padova in uno studio prIvato e a Verona presso il Centro di Psicoterapia Scaligero.
Nella mia professione mi occupo di consulenza, prevenzione, diagnosi e cura e nel mio piccolo cerco di divulgare contenuti scientifici che riguardano la psicologia e la psicoterapia attraverso il mio sito e i miei profili social che riporto in sovraimpressione.
Il mio ambito di lavoro di elezione sono i disturbi d’ansia in tutte le fasce d’età. Per questo motivo in questo nuovo anno, ho deciso di proporre a chi mi segue un ciclo di contenuti, sia in forma scritta che video, tutti incentrati sui disturbi d’ansia.
Gli argomenti che intendo trattare saranno:
Spero in questo modo di dare delle informazioni semplici, immediate ma anche utili per tutti coloro che si trovano in difficoltà con la gestione dell’ansia o credono di avere un disturbo d’ansia. Ricordo tuttavia che nel caso il vostro problema si prolunghi nel tempo, o sia particolarmente frequente, intenso e persistente, avere delle nozioni sull’argomento potrebbe non essere sufficiente. In tali casi vi invito a chiedere un consulto ad un professionista. Per qualsiasi informazione o per prendere un appuntamento riporto i miei contatti diretti e le sedi dove ricevo.
Alla prossima settimana allora con il primo articolo e video che riguarderà “I MITI CHE CIRCOLANO SULLE EMOZIONI” e come sempre…..restate connessi!!!
Dr.ssa Michela Pinton
Uno dei trattamenti psicoterapici ad oggi più accreditati e utilizzati nel nostro Centro Clinico è quello dell’Eye Movement Desensitization and Reprocessing, comunemente detto EMDR.
Focalizzato sull’elaborazione del ricordo di eventi traumatici, l’EMDR ha dimostrato la sua
efficacia nel trattamento di numerose psicopatologie, tra cui ansia, fobie, depressione, disturbo post traumatico da stress, lutto acuto, sintomi somatici o dipendenze.
Anche nel disturbo di panico (DP) si è dimostrato particolarmente efficace.
Perché per noi è così importante trovare dei trattamenti efficaci per il Disturbo di Panico?
Prima di tutto, perché ad oggi risulta una delle forme di disagio più diffuse nella nostra società e, unitamente a ciò, perché chi ne soffre sperimenta una forte e costante paura, che può portare a condotte disfunzionali e ad un peggioramento del disturbo. Nel tentativo di contenere gli attacchi di panico, infatti, la persona mette in atto una serie di strategie disadattive, primo tra tutte l’evitamento, nei confronti di quelle situazioni e/o comportamenti che pensa possano causare un nuovo attacco.
Con il tempo, l’evitamento tende a diventare ricorrente e pervasivo, limitando fortemente la libertà d’azione di chi lo mette in atto.
È chiaro quindi che, se non affrontato precocemente, il disturbo può diventare debilitante e portare ad isolamento sociale, limitazione delle attività personali, riduzione della qualità di vita e insorgenza di altre condizioni psicopatologiche come l’agorafobia o altre fobie.
La forte paura che la persona prova, sia di fronte all’attacco in sé, sia all’idea di sperimentarne altri in futuro, è giustificata dalle caratteristiche stesse degli attacchi; essi si concretizzano infatti attraverso una reazione immediata dell’organismo, che si manifesta direttamente a livello fisico con un repentino aumento dell’attivazione fisiologica (arousal), non “mediata” da un pensiero o un’azione immediatamente riconoscibili come causa scatenante.
L’attivazione fisiologica è collegata a ciò che comunemente viene definito “fight or flight” (attacca o scappa), la reazione tipica dell’organismo quando si trova di fronte ad un pericolo, che diventa però spaventosa se la fonte di pericolo non è immediatamente riconoscibile.
Essa si manifesta attraverso sintomi somatici (palpitazioni, sudorazione, vampate di calore, brividi, nausea, giramenti di testa) accompagnati da altrettanti sintomi psicologici (senso d’irrealtà, paura di perdere il controllo, di morire o di impazzire, amnesie, estraneamento da sé stessi).
Perchè si usa l’EMDR?
Secondo il modello dell’EMDR esperienze sfavorevoli infantili o eventi traumatici possono
compromettere la capacità dell’individuo di far fronte ad esperienze stressanti. I pazienti con DP, durante questi vissuti traumatici, potrebbero aver dissociato la parte emozionale dell’esperienza, confinandola in un circuito separato di memorie disadattive. Se, infatti, normalmente le informazioni provenienti dall’esterno vengono rielaborate continuamente e integrate alle esperienze attuali, i ricordi traumatici rimarrebbero “separati”, mantenendo l’intensità emotiva di quando sono stati vissuti. L’individuo risulta particolarmente sensibile a questo meccanismo soprattutto quando le esperienze sfavorevoli sono vissute in infanzia, periodo in cui il cervello è in fase di maturazione.
Queste informazioni parzialmente isolate possono essere riattivate in modo imprevedibile da
situazioni di vita quotidiana, risvegliando inconsapevolmente i ricordi traumatici e tutte le
emozioni/sensazioni collegate. Per questo motivo, quando un paziente vive un attacco di panico ed esperisce tutte le sensazioni ed emozioni non elaborate, generalmente non è in grado di individuare la causa scatenante o dare un senso all’evento.
L’EMDR lavora dunque sia sull’attacco di panico in sé, vissuto esso stesso come evento traumatico, sia sulle esperienze traumatiche del passato.
Nello specifico, si vanno ad elaborare le informazioni connesse a: -il ricordo degli attacchi di panico
-le situazioni che determinano il disturbo nel presente
-le esperienze traumatiche pregresse
Una volta che i ricordi vengono elaborati, perdono la loro valenza negativa originaria e possono essere integrati con le altre memorie.
Aiuteremo inoltre il paziente a trovare delle strategie funzionali per ridurre l’evitamento e i
comportamenti protettivi che, contrariamente a ciò che si aspetta, mantengono il disturbo.
Dr.ssa francesca Atganetto