L’IPERVENTILAZIONE: UN SINTOMO TIPICO DELL’ANSIA (Part. 2)

Salve a tutti,

riprendo il tema della scorsa settimana ovvero l’iperventilazione, sintomo tipico dell’ansia. In particolare cercheremo di capire il nesso tra ansia/attacco di panico e iperventilazione e quali possono essere i rimedi contro l’iperventilazione.

Sappiamo che, molto spesso, le persone che hanno un attacco d’ansia o di panico iperventilano, cioè respirano in maniera troppo veloce e troppo profonda. Sappiamo anche, dal mio precedente post, che questo modo di respirare può scatenare una serie di sintomi, i quali possono peggiorare l’attacco d’ansia o di panico. Possiamo di conseguenza dedurre facilmente che quello che si instaura è un vero e proprio circolo vizioso perché l’ansia o il panico aumentano la frequenza del respiro e l’iperventilazione alimenta ulteriormente l’ansia o il panico.

Che fare allora se si comincia ad iperventilare per un attacco d’ansia o di panico?

Sono diverse le strategie che si possono mettere in atto per far fronte al problema. L’obiettivo principale è aumentare i livelli di anidride carbonica nel sangue, così che i sintomi gradualmente si attenuino e svaniscano. Per farlo è necessario rallentare il ritmo del respiro in modo da ridurre l’ossigeno introdotto nei polmoni. Ci sono vari metodi che possono aiutare: dal più semplice come respirare in un sacchetto di carta, a più strutturati come le tecniche di respirazione e rilassamento. Tali tecniche possono essere apprese all’interno di un percorso di terapia psicologica. Si ricorda inoltre che un’attività fisica regolare può essere d’aiuto per rallentare il ritmo del proprio respiro. 

Con queste informazioni concludo l’argomento iperventilazione. Ci si rivede la prossima settimana con un nuovo video sempre sul tema dell’ansia. A presto e restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

L’IPERVENTILAZIONE: UN SINTOMO TIPICO DELL’ANSIA

Salve a tutti,

continua il ciclo di video sull’ansia. Oggi vi parlerò di uno dei sintomi che più la caratterizzano ovvero l’iperventilazione.

Prima di descrivere l’iperventilazione è bene spiegare cosa succede quando si respira normalmente.

La respirazione si compone di due fasi: inspirazione ed espirazione. Nella fase dell’inspirazione l’ossigeno entra nei polmoni. L’ossigeno passa poi nel sangue e, legandosi all’emoglobina, viene portato nelle cellule di tutto il corpo. Da un punto di vista chimico, la fissione dell’ossigeno all’emoglobina avviene grazie alla presenza dell’anidride carbonica, che successivamente viene eliminata attraverso l’espirazione.

L’iperventilazione cos’è? Consiste in un aumento della frequenza degli atti respiratori in condizioni di riposo. La respirazione risulta quindi più veloce e/o più profonda.

Quando si respira in questo modo succede si fa entrare molto ossigeno nei polmoni e si elimina molta anidride carbonica. Il dispendio eccessivo di anidride carbonica fa sì che a livello cellulare ce ne sia troppo poca per permettere all’emoglobina di legare l’ossigeno. Quindi paradossalmente più la nostra respirazione si fa veloce e profonda, meno ossigeno potrà essere consegnato alle cellule del nostro corpo. Questo significa che ci saranno parti del nostro corpo che andranno in carenza di ossigeno (ad esempio mani, piedi oppure cervello).

I sintomi che si accompagnano all’iperventilazione di conseguenza sono:

  1. sensazioni di intorpidimento oppure di formicolio alle mani o ai piedi;
  2. confusione mentale e sensazione di testa leggera;
  3. agitazione e tensione muscolare;
  4. palpitazioni e dolore toracico;
  5. vertigini e visione offuscata.

Come avrete notato questi sono gli stessi sintomi dell’ansia e degli attacchi di panico di cui vi avevo parlato nel mio precedente video.

Difatti nel mio prossimo post vi parlerò appunto della connessione tra ansia/attacchi di panico e iperventilazione. A presto e come sempre…..restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

QUALI SONO I SINTOMI TIPICI DELL’ANSIA?

Salve a tutti,

continuo a parlarvi di ansia e oggi in particolare dei sintomi che la contraddistinguono.

Di seguito vi elencherò i sintomi più comuni dell’ansia e i motivi per cui si innesca questo tipo di reazione nel corpo.

  1. Confusione, stordimento, assenza: ciò avviene perché tutta l’attenzione si rivolge al possibile pericolo e alla ricerca di una soluzione sotto pressione. Questo meccanismo porta ad un senso di estraneità.
  2. Offuscamento, restringimento del campo visivo, vertigine: sono dovuti al repentino innalzamento della pressione.
  3. Tensione muscolare: tutti i muscoli soprattutto agli arti inferiori e superiori si mettono in tensione per essere pronti a scattare in caso di necessità.
  4. Pelle d’oca: la tensione dei muscoli coinvolge anche la pelle per cui i peli si drizzano.
  5. Formicolii, sensazione di torpore, vampate di calore: l’innalzamento della pressione sanguigna si avverte soprattutto alle estremità con una sensazione di punture di spillo, inoltre la temperatura corporea si alza e il corpo comincia a sudare.
  6. Respiro affannoso: la tensione muscolare impedisce la completa espansione dei polmoni pertanto la respirazione si fa più corta e frequente.
  7. Tachicardia, palpitazioni, cardiopalmo: il cuore aumenta la sua attività per inviare ossigeno e zuccheri ai muscoli.
  8. Disturbi digestivi, nausea, disturbi addominali: la digestione viene bloccata per inviare energie ad altri parti del corpo.

Bisogna considerare che tale attivazione del corpo dovuta all’ansia comporta una certa dose di stress per via del consumo di risorse ed energie. Se tale attivazione comincia a presentarsi in maniera prolungata e frequente ciò può portare ad effetti negativi sul nostro organismo a breve e lungo termine. A breve termine si può provare stanchezza, emicranie, dolori muscolari e alterazioni del sonno. A lungo termine si possono sviluppare delle vere e proprie patologie come ipertensione, cardiopatie, disturbi gastro-intestinali e indebolimento delle difese immunitarie. Pertanto se l’ansia e suoi sintomi cominciano a diventare un problema è necessario intervenire tempestivamente.

Per oggi mi fermo qui ma tornerò presto con un nuovo video sempre sul tema dell’ansia. A presto e restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

I 5 FALSI MITI SULL’ANSIA (Part. 2)

Salve a tutti,

come sapete il tema principale dei video che propongo è l’ansia e oggi vorrei parlarvi di altri 3 falsi miti che circolano proprio su questa emozione. Che ne dite? Proviamo a sfatarli insieme!

Tante volte vi ho descritto l’ansia come un’emozione comune e naturale, ma, dato il suo tono edonico spiacevole, spesso è circondata da falsi miti che possono ostacolare la comprensione e la corretta gestione dell’emozione stessa. È fondamentale sfatare queste credenze errate per imparare ad accettare l’ansia e promuovere il benessere psicologico.

Riporto di seguito i falsi miti più comuni:

3. Cercare di calmarsi durante un attacco di ansia è utile.

Spesso la persona in preda ad un attacco d’ansia non riesce ad essere lucida mentalmente da poter gestire la propria emozione e il tentativo di calmarsi ricorrendo all’ipercontrollo può intensificare i sintomi dell’ansia e peggiorare la situazione. E’ meglio lasciar fare all’emozione il suo corso naturale.

4. L’ansia è un segno di debolezza.

In realtà, l’ansia essendo una emozione comune e naturale può colpire chiunque e non ha nulla a che fare con la forza o la debolezza del carattere di una persona.

5. L’iperventilazione provocata dall’ansia è pericolosa.

Sebbene l’iperventilazione possa essere sgradevole, non è assolutamente pericolosa. Per prevenirla può essere utile praticare con costanza e continuità la respirazione diaframmatica profonda e regolare.

Penso abbiate compreso che informarsi sull’emozione ansia è il primo passo verso una gestione più efficace della stessa. La consapevolezza di questa emozione e l’accettazione della sua presenza possono contribuire notevolmente a ridurre la sofferenza legata all’ansia.

Per oggi mi fermo qui ma vi parlerò ancora di ansia nel mio prossimo video. A presto e restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

I 5 FALSI MITI SULL’ANSIA (Part. 1)

Salve a tutti,

come sapete il tema principale dei video che propongo è l’ansia e oggi vorrei parlarvi dei falsi miti che circolano proprio su questa emozione. Oggi tratteremo i primi due. Che ne dite? Proviamo a sfatarli insieme!

Tante volte vi ho descritto l’ansia come un’emozione comune e naturale, ma, dato il suo tono edonico spiacevole, spesso è circondata da falsi miti che possono ostacolare la comprensione e la corretta gestione dell’emozione stessa. È fondamentale sfatare queste credenze errate per imparare ad accettare l’ansia e promuovere il benessere psicologico.

Riporto di seguito i falsi miti più comuni:

1. Gli attacchi di panico possono portare alla perdita di controllo o alla pazzia.

Diversi studi dimostrano che queste situazioni sono estremamente improbabili; le persone in preda a un attacco di panico sono in grado di mantenere il controllo delle loro azioni e pensieri.

2. Gli attacchi di panico possono portare ad un attacco di cuore o ad un malore.

Chi ha un attacco di panico può sentire dolore o costrizione al torace e difficoltà a respirare. Questi sintomi sono simili ma non identici a quelli dell’infarto e possono avvenire a riposo mentre nell’infarto avvengono dopo uno sforzo. Nell’attacco di panico inoltre aumenta solo la frequenza del battito ma non ci sono alterazioni dell’attività elettrica del cuore. Alcune persone pensano invece di svenire ma ciò non è possibile perché durante l’attacco di panico il nostro organismo è iperattivato e sotto il controllo del sistema nervoso simpatico. Lo svenimento invece accade in seguito all’attivazione del sistema nervoso parasimpatico.

Per oggi mi fermo ai primi 2 miti ma vi parlerò ancora di ansia e dei 3 miti restanti nel mio prossimo video. A presto e restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

PERCHE’ LE PERSONE RIMUNGINANO? (Part 3)

Salve a tutti,

continuo a parlarvi di disturbi d’ansia e di rimuginio. Oggi cerchiamo di capire perché le persone rimuginano.

Facciamo una premessa e parliamo di metacognizione. Il termine metacognizione significa letteralmente “oltre la cognizione”, ed è usato per indicare il pensiero sul pensiero. La metacognizione rappresenta la conoscenza e consapevolezza del funzionamento della propria mente. La metacognizione indica quindi un tipo di autoriflessività sul fenomeno cognitivo, attuabile grazie alla possibilità di distanziarsi, auto-osservare e riflettere sui propri stati mentali. Nella prospettiva della Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI) (Semerari et al., 2008; Carcione et al., 2010; Dimaggio et al., 2013), la metacognizione può essere definita come un insieme di abilità che consentono all’individuo di:

  • identificare e attribuire stati mentali a sè e agli altri, sulla base delle espressioni facciali, degli stati somatici, dei comportamenti e delle azioni;
  • pensare, riflettere e ragionare sugli stati mentali propri e altrui;
  • utilizzare le conoscenze e le riflessioni sui propri ed altrui stati mentali per prendere decisioni, risolvere problemi o conflitti psicologici e interpersonali e, infine, padroneggiare la sofferenza soggettiva.

Rispetto al rimuginio le persone tendono a sviluppare delle “credenze metacognitive” con cui spiegano a loro stesse la propria tendenza a rimuginare. Vediamo alcuni esempi.

Credenza 1: le persone possono convincersi che rimuginare sia utile, che possa servire per risolvere una situazione problematica o per anticiparne le conseguenze negative facendoci sentire più pronti.

Credenza 2: le persone possono essere convinte che non sia possibile fermare il rimuginio, vivendolo come una sorta di automatismo al di fuori del proprio controllo. In questo caso il rimuginio è percepito come un processo automatico, incontrollabile, dannoso al punto che potrebbe, per alcuni, portare alla pazzia.

Secondo A. Wells (psicologo) il rimuginio è tanto più grave e difficile da eliminare quanto più la persona pensa che rimuginare sia utile.

Chiaramente queste credenze disfunzionali legate all’utilità del rimuginio mantengono l’individuo in una condizione di ansia e in una falsa percezione di risoluzione del problema stesso (Sassaroli & Ruggiero, 2003).

Con questo post concludo l’argomento rimuginio ma continuerò a parlarvi di ansia nei miei prossimi video. A presto e restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

RIMUGINIO: QUALI SONO LE CAUSE?

Salve a tutti,

in relazione ai disturbi d’ansia torno a parlarvi del rimuginio e dei fattori che possono causarlo.

Le cause del rimuginio possono variare da fattori genetici a esperienze di vita stressanti o traumi passati. Inoltre il rimuginio può essere alimentato da una scarsa regolazione emotiva e da una percezione distorta delle minacce.

Un fattore però particolarmente predisponente e su cui è importante porre l’attenzione è lo stile parentale e soprattutto gli stili di attaccamento insicuri.

Non si tratta di un rapporto di causa effetto ma di una correlazione secondo cui un genitore iperprotettivo può portare all’educazione di un figlio rimuginatore.

Ci sono casi in cui il genitore insegna al bambino ad essere eccessivamente preoccupato riguardo ciò che di negativo può accadere in futuro o come conseguenza delle proprie scelte.

In altri casi può capitare che un genitore faccia scelte al posto del bambino riguardo la sua vita non permettendogli di allenarsi ad esplorare, di fare scelte e di sbagliare. Bisogna però tener conto che imparare a sbagliare è fondamentale per costruire personali criteri decisionali ed è molto utile che avvenga in un periodo di vita in cui si è comunque tutelati dall’azione riparativa e di cura dei genitori che possono limitare i danni. Un genitore iperprotettivo può essere quindi un ostacolo allo sviluppo di decisioni autonome e di fronteggiamento dei problemi. Il bambino impara a non agire e a rimuginare su una molteplicità di ipotetiche alternative piuttosto che tentare. Si crea anche un effetto indiretto che favorisce lo sviluppo di credenze metacognitive non adattive e non realistiche, associate all’attivazione del rimuginio e all’aumento di ansia.

Per oggi mi fermo qui ma credo che tornerò ancora su questo argomento. A presto allora e restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

IL RIMUGINIO

Salve a tutti,

oggi vi parlo di un fenomeno psicologico particolare che spesso si lega all’ansia: il rimuginio mentale.

Il rimuginio o worry è un’attività cognitiva caratterizzata da pensieri analitici, ripetitivi, pervasivi, di tipo verbale e astratto, in molti casi seguito da una focalizzazione visiva di immagini. Esso si distingue per la sua negatività perché tende a mantenere e amplificare stati emotivi negativi e incontrollabilità. Il contenuto del rimuginio riguarda solitamente pensieri catastrofici e preoccupazioni future, senza riuscire a trovare soluzioni pratiche alle situazioni o problemi che ci si trova ad affrontare.

Il rimuginio è un’esperienza comune a tutti e può manifestarsi in vari contesti. Tende a catturare l’attenzione del soggetto che si chiude nella sua mente, si isola nei pensieri e si allontana da ciò che lo circonda. Il rimuginio impedisce di andare oltre un brutto pensiero o una sensazione spiacevole, perchè quando si inizia a rimuginare è difficile smettere.

Il rimuginio ha mostrato di avere un impatto fondamentale nel sostenere e aggravare molti disturbi psicologici come ad esempio i disturbi d’ansia. Il rimuginio è vissuto in questi casi come una modalità di fronteggiamento dell’ansia, generata dalla percezione di situazioni identificate come minacciose, pericolose, incerte e difficili da gestire; quindi rimuginare sulla situazione temuta ha lo scopo di prevenirla e controllarla. Coloro che rimuginano si percepiscono deboli, fragili, insicuri, spaventati, costantemente soggiogati dalla pericolosità del futuro e poco capaci di poter controllare gli eventi incerti. Per questo motivo utilizzano il rimuginio come strumento mentale per anticipare e controllare il possibile verificarsi di un evento futuro temuto. Il non verificarsi delle conseguenze temute determina il rinforzo di tale processo di pensiero e di conseguenza il rimuginio si cronicizza e diventa disfunzionale e maladattivo.

Il rimuginio può quindi avere effetti deleteri sulla salute mentale e fisica ed essere associato a una ridotta qualità della vita, poiché le persone che ne soffrono tendono a evitare situazioni sociali e a sperimentare un aumento dei livelli di stress e tensione.

Per oggi mi fermo qui ma tornerò a parlarvi del rimuginio nel mio prossimo video. A presto e restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

IL DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATA (Part 2)

Salve a tutti,

continuiamo a parlare di disturbi d’ansia, nello specifico del disturbo d’ansia generalizzata e dei criteri necessari per diagnosticarlo.

Secondo il DSM-5-TR per poter diagnosticare il disturbo d’ansia generalizzata è necessario che i pazienti provino ansia e preoccupazioni eccessive in almeno due ambiti di vita (lavorativo, scolastico, familiare…) per un gran numero di giorni e per più di 6 mesi. Inoltre devo essere presenti i seguenti criteri:

  • La persona ha difficoltà nel controllare la preoccupazione;
  • L’ansia e la preoccupazione sono associate con almeno tre dei sintomi seguenti: irrequietezza, facile affaticabilità, difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria, irritabilità, tensione muscolare, alterazioni del sonno;
  • L’ansia, le preoccupazioni e i sintomi fisici provocano una significativa riduzione della qualità di vita del soggetto.

I sintomi psichiatrici devono causare un disagio significativo o compromettere significativamente il funzionamento sociale o lavorativo. Il decorso del disturbo è solitamente fluttuante e cronico e la maggior parte dei pazienti con disturbo d’ansia generalizzata presenta una comorbilità di uno o più disturbi psichiatrici, tra cui una depressione grave, una fobia specifica, un disturbo d’ansia sociale o un disturbo da panico.

Con oggi concludo la descrizione del disturbo d’ansia generalizzata e in generale dei disturbi d’ansia ma ci rivedremo preso con un nuovo argomento sempre inerente all’ansia. A presto allora e restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton